L’affido, l’adozione e…. La classica confusione italiana.

Con il decreto del tribunale dei minorenni di Firenze, l’8 marzo 2017 è stata riconosciuta in Italia l’efficacia di un provvedimento di adozione, emesso nel Regno Unito, di due minori da parte di una coppia omosessuale, ai sensi dell’art 36 c.4 della legge 184/1983.

Recentemente il tribunale dei minorenni di Bari ha riconosciuto l’adozione del figlio del partner ad una coppia gay.

Nel 2018, un papà gay affidatario si è vista riconosciuta l’adozione di una bambina con sindrome di down dopo il rifiuto di 7 famiglie

I casi di affido non riguardano solo la genitorialità gay ma perchè sono solo questi che fanno accendere gli animi dei politici pro family day?
Non è forse il caso di focalizzarsi sulla questione più importante che sta alla base: la discriminazione dell’istituto così com’è strutturato?

Perché avere adozione e affido, dove sta la differenza?

Ne ho parlato con Karin Falconi, Vice presidente dell’associazione M’aMa-Dalla Parte dei Bambini.
Ho cercato di porre domande mirate che possano cercare di chiarire un quadro legislativo farraginoso e discriminante:

Di cosa si occupano le MammeMatte di cui tu sei…?
“L’associazione M’aMa-Dalla Parte dei Bambini, di cui sono Vice presidente e nella quale mi occupo di sostegno alla genitorialità affidataria e adottiva, nasce ufficialmente nel 2017 impegnata, su intero territorio nazionale, nella tutela dei diritti dei minori (soprattutto con bisogni speciali) attraverso l’affido e l’adozione. Un direttivo composto da 4 donne tutte professioniste del sociale e mamme adottive, affidatarie, biologiche. M’aMa nasce volutamente “itinerante” (nonostante abbia 5 sedi operative in Italia: Lazio, Toscana, Lombardia, Sardegna, Calabria), prediligendo il lavoro da remoto, per essere sempre presente, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per famiglie e istituzioni.

Piano piano M’aMa è stata identificata e riconosciuta come “La Rete delle MammeMatte”, perché presente in ogni angolo dell’Italia e capace di “pescare” i bambini dimenticati, i bambini con “bisogni speciali” ritenuti “difficilmente collocabili” (minori con problemi sanitari o comportamentali, minori vittime di abusi, minori già grandicelli dai 9 anni in su, fratrie…), impegnata a trovare una famiglia che li accogliesse, per sempre o per un pò.

Da marzo 2017 ad oggi M’aMa ha collocato in famiglia, con la collaborazione dei Tribunali e dei servizi sociali territoriali, 120 minori con bisogni speciali, costruendo una rete di 2000 famiglie disponibili all’accoglienza di minori e opportunamente formate in tutta Italia.

Cosa fai nella tua vita?
Mi occupo a 360 ° gradi dell’associazione esercitando il mio ruolo di counsellor professionale a sostegno della genitorialità adottiva e affidataria. Le famiglie disponibili all’accoglienza anche di minori con bisogni speciali ci sono, ma vanno sensibilizzate, formate e accompagnate. Io, come le altre di M’aMa, credo molto nella forza della Rete: la rete orizzontale (che si crea spontaneamente tra le famiglie affidatarie) e trasversale (con i professionisti M’aMa o meno). Il lavoro dei Gruppi di sostegno alla genitorialità, le consulenze da remoto o telefoniche a tempo reale, come le semplici chiacchierate tra chi condivide lo stesso vissuto, è fondamentale: perché l’amore è necessario per crescere un bimbo ma non è sufficiente”.

Sono mamma affidataria di due fratellini entrati nella mia famiglia da preadolescenti (11 e 14 anni).  Loro rientrano nella fascia di bimbi che spaventa maggiormente l’opinione pubblica, perché in fase della tanto temuta pre-adolescenza. E’ un’esperienza faticosa ma unica, per loro e per noi. I miei bimbi, da parte nostra, sono entrati di diritto in famiglia, noi li consideriamo figli (volendo per loro tutto il bene possibile) e mio figlio “fratelli”: ma come è giusto che sia nell’affido, non è assolutamente detto che loro ci considerino tali. Perchè i genitori i nostri bimbi li hanno, con tutti i loro ricordi brutti e meno brutti, noi ne sentiamo distintamente la presenza e la rispettiamo. Possiamo essere una mamma in più, un papà in più ma non dobbiamo sostituirci. Il nostro compito è accompagnarli e affiancarli nell’amore di una Famiglia.

Affido a single e coppie omo, cosa ne pensi?
Io sono anche responsabile del progetto AFFIDIamoci, a sostegno dell’affido mono e omogenitoriale. Ancora prima di fondare M’aMa avevo creato il progetto AFFIDIamoci perché fermamente convinta che una persona singola o una coppia omosessuale possano essere Famiglia per un minore che temporaneamente (o per sempre) non può crescere nel nucleo bio.

Purtroppo l’esperienza troppo spesso ci ha dimostrato che se su carta l’istituto giuridico dell’affidamento familiare  è aperto a questo “target” di genitori affidatari (quindi i servizi sociali territoriali li formano come se dovessero poi ricorrerne a breve) in realtà poi queste risorse vengono “parcheggiate” per anni e non utilizzate. Il 25 percento del nostro database di famiglie affidatarie è costituito da coppie omosessuali e persone singole e solo in alcune regioni le istituzioni le prendono in considerazione. Una criticità evidenziata dall’alto numero di minori istituzionalizzati.

affido

Affido, affido sine die e Adozione, ci fai un pò di chiarezza?
“In Italia il percorso dell’affido purtroppo è ancora conosciuto da pochi, anche se praticabile da tutti: persone singole, coppie sposate e non, etero e omosessuali, con o senza figli. L’unico requisito richiesto è la consapevolezza della scelta maturata anche grazie alla partecipazione ad un percorso formativo sull’affido che la coppia o il single deve fare presso i suoi servizi sociali di riferimento. L’istituto giuridico dell’affido nel nostro Paese non riesce ancora ad affermarsi come prassi positiva sul territorio, nonostante questa pratica virtuosa comporti enormi risparmi (attestati intorno all’80-90 per cento) per le casse comunali dell’amministrazione pubblica.

Oggi la stessa tipologia di affido è snaturata da quella originaria: il collocamento temporaneo del minore (che una volta caratterizzava l’affido) oggi è sostituito da una esperienza a lungo termine (sine die); l’affido diurno (pochi giorni la settimana, il week end…), nato come possibilità offerta alla famiglia di origine di recuperare le proprie capacità genitoriali, oggi è sostituito da quello residenziale. Il minore oggi, come prima scelta (al contrario di quanto dice la legge n. 183/84 che dar priorità all’inserimento in una famiglia) viene tolto dal proprio nucleo di origine per essere inserito in una comunità educativa. L’affido e l’adozione non si differenziano più per la temporaneità dell’esperienza (il 70 percento degli affidi in Italia sono sine die), quanto per la pluralità di attori con i quali gli affidatari si troveranno costantemente a interloquire durante l’accoglienza del minore (il Tribunale per i minorenni, i Servizi sociali, il tutore) e, prima fra tutti, la famiglia di origine.

Oggi, soprattutto con la realtà dell’affido a lungo termine (sine die), l’affido e l’adozione spesso sono visti come possibilità similari per coppie o single che desiderano un Figlio. Ma non è cosi. L’affido sine die non è normato né istituzionalizzato: giuridicamente non esiste. Ed è proprio questo vuoto legislativo a farlo diventare suscettibile delle più erronee interpretazioni, tra cui quella di immaginarlo come possibile alternativa all’adozione soprattutto per chi desidera un Figlio. Ma affido e adozione sono due percorsi completamente diversi, che nascono da presupposti diversi e hanno un diverso fine. L’affido nasce come collocamento temporaneo del minore, a tutela di quest’ultimo, a sostegno della famiglia di origine, con il fine ultimo di reinserimento del minore nel nucleo originario.

Come mai alcuni single e coppie omosessuali hanno potuto adottare?
La realtà giuridica del nostro Paese non lascia spazio a fraintendimenti: in Italia le persone singole e le coppie omosessuali non possono adottare (se non in casi particolari art.44) possono, invece, accogliere in affido ( art.2 Legge 183/84) con la piena consapevolezza che l’affido non sia da considerarsi una “scorciatoia” all’adozione: nemmeno quello sine die (a lungo termine).

Esistono studi scientifici che avvalorano che l’adozione sia solo per etero?
Non vi è alcuna evidenza scientifica che l’identità di genere dei due genitori comporti un qualche condizionamento per l’equilibrato sviluppo del minore. Anzi: molti studi e ricerche dimostrano proprio il contrario. Le stesse ultime sentenze di alcuni tribunali sono di questo orientamento.

Non è per forza il genere che definisce la figura paterna, ma il ruolo: è il genitore “normativo” quello che dà le regole, è il genitore “accuditivo” che rappresenta la figura materna e accogliente. Nelle coppie omosessuali i ruoli sono più interscambiabili, ma anche in quelle etero ci sono madri normative e padri materni. L’importante è saper gestire entrambe le funzioni.

Il riconoscimento dell’adozione a una coppia omosessuale, purtroppo, è ancora lontana: la prima risale a 7.3.2017 quando il Tribunale di Firenze ha riconosciuto a due uomini italiani (residenti nel Regno Unito) la trascrizione in Italia di un provvedimento emesso dalla Corte britannica ammettendo la adozione di due fratellini da parte della coppia omosessuale, ma si trattava solo di un  riconoscimento di un processo già avvenuto.

Molti Tribunali in Europa, però, sono ormai portatori di nuovo orientamenti giurisprudenziali in linea con il concetto di legame familiare richiamato dalla Carta di Nizza che impedisce le discriminazioni fondate sul sesso e sull’orientamento sessuale. Il diritto europeo è in evoluzione e questo, in Italia,  non possiamo ignorarlo: per le scelte di accoglienza dei minori (si tratti di affido o adozione) si deve tener conto solo e soltanto della capacità di dare cura e amore, della consapevolezza della scelta e non del mero orientamento sessuale.

“In assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale, soprattutto in relazione a un istituto di carattere strettamente temporaneo come quello dell’affido consensuale”, questo scriveva il collegio del Tribunale per i Minorenni di Bologna (presidente Giuseppe Spadaro) nel 2013 in un passaggio del decreto con cui ha confermato l’affidamento per due anni di una bimba di 3 anni nel Parmense a una coppia di uomini gay.

Congedandomi da Karim mi sono fermato a pensare che come da buona tradizione italiana, legiferiamo su qualsiasi cosa in maniera così capillare da creare lungaggini burocratiche e meccanismi che si inceppano, dove la manutenzione degli stessi viene poi demandata alla magistratura che con la prassi giurisprudenziale riporta a poco a poco il nostro bel Paese nel 2021.

La domanda che chiunque si pone è: non si potrebbe aprire l’istituto dell’adozione a tutti e tutte e lasciare quello dell’affido nei casi in cui è richiesto? La risposta è: si potrebbe, ma siamo italiani!

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