
Il motto dell’azienda austriaca Legendary Vish: “Pesce saporito, da fonti vegetali” @LegendaryVish
Pensiamoci bene. Tra qualche tempo saremo quasi 8 miliardi a popolare questo pianeta. Questa semplice asserzione pone diversissime ed interessanti domande. Dove abiteremo? Che lavoro svolgeremo? Quanti poveri ci saranno? Una domanda viene, però, spesso poco valutata: cosa mangeremo?
La sostenibilità dell’alimentazione dell’intera popolazione umana, sia in termini ambientali che di soddisfacimento dei bisogni primari, è una sfida quanto mai accesa, ma al tempo stesso ardua da inquadrare. Ovviamente, più saremo più spazi per allevamenti, campi coltivati, frutteti, piantagioni, etc. saranno indispensabili. Questo falcidierà le foreste che occupano il globo, generando ulteriori problemi assai noti. Gli stessi allevamenti sono fonte principale di inquinamento atmosferico. L’insostenibilità è presente non solo sulla terraferma, ma anche in mare: il ritmo di pesca, le tecniche, le reti utilizzate stanno via via impoverendo i nostri mari di specie animali, facendo diminuire drasticamente una determinante fonte di sostentamento.
In questo contesto di sfruttamento delle risorse, si inserisce una sempre più grande variabilità nelle necessità alimentari. Vegetariani, vegani, intolleranti al lattosio, celiaci cercano sempre più prodotti adatti a loro, ma che rimangano fragranti e nutrienti. Proprio per soddisfare così tante e diverse esigenze, da quelle di sfruttamento territoriale a quelle dell’alimentazione personale, tante società e nuove start-up studiano soluzioni innovative e possibilmente sostenibili.Già nel 2018 al Corriere della Sera Fiorenza Caboni, docente di Scienze e Tecnologie alimentari dell’università di Bologna, dichiara:
“La tecnologia oggi consente di realizzare moltissimi nuovi cibi a partire da ingredienti insoliti: le proteine dei cereali, ad esempio, sono molto versatili e stanno permettendo di creare molto prodotti veg – abbreviazione per vegetarian – sempre più apprezzati”

Il team di Legendary Vish: Theresa Rothenbücher, Robin Simsa e Hakan Gürbüz @LegendaryVish
È questo il caso dell’azienda austriaca Legendary Vish, che ha annunciato di poter produrre un autentico filetto di salmone da proteine di origine completamente vegetale. Come fanno? Con una stampante 3D. L’intuizione è arrivata nello svolgersi di un progetto legato allo studio di tecniche ingegneristiche contro le malattie degenerative. Il collegamento è apparso naturale, come sostengono i tre fondatori dell’azienda: Theresa Rothenbücher, Robin Simsa e Hakan Gürbüz, rispettivamente CSA, CEO e Responsabile tecnologico del progetto.
Oltre a fornire un’alternativa valida ad una dieta vegana o vegetariana e a limitare lo sfruttamento di allevamenti e pesca incontrollata, il gusto del prodotto – ci assicura Simsa – è ottimale:
“Il modo migliore per avere un impatto significativo nell’utilizzo di fonti proteiche alternative è che rispecchino a pieno l’esperienza culinaria di un vero prodotto animale. E le stampanti 3D sono una nuova e valida alternativa per produrre questo tipo di prodotto”
Le difficoltà tecnologiche incontrate nella realizzazione di tale prodotto si osservano principalmente nel macchinario. Grazie alla collaborazione con l’azienda, partner del progetto, FELIXprinters sono stati in grado di sviluppare una tecnologia capace di riprodurre perfettamente il complesso reticolo di cellule tipico del prodotto animale. Si può riprodurre anche in modo molto fedele la texture colorata dell’alimento. I fondatori sono però coscienti di dover fare ancora molto per raggiungere un risultato ottimale.
“Lo stampare in 3D cibo edibile è un campo totalmente nuovo con molte componenti e variabili. Anche gli stessi componenti del macchinario possono essere modificati. In questo momento stiamo studiando strategie di machine learning per implementare efficacia ed affidabilità del processo produttivo”
Lo stesso mercato, ad oggi, “alternativo” dei cibi così prodotti è in rapida ascesa: sempre più domanda, ma poca, per ora, richiesta. La start-up di Vienna, per stessa ammissione del CEO, cercherà di conquistare questa nuova opportunità economica puntando sull’innovazione tecnologia.
Non è tutto oro ciò che luccica, e per quanto la prospettiva offerta da Legendary Vish possa apparire allettante, curiosa, o persino azzardata, è importante non farsi suggestionare. Per restare coi piedi per terra, infatti, questo progetto presenta almeno due grandi criticità: la scalabilità industriale del processo produttivo e la fonte di proteine vegetali.
Il principale quesito è come riusciranno a portare un processo ancora assai poco produttivo ad uno industrialmente valido e sostenibili. La scalabilità del processo, ovvero portare il sistema dal laboratorio alla grande distribuzione, è un punto estremamente delicato e tecnologicamente arduo da risolvere. Attualmente è difficile poter pensare ad una stampante 3D grande quanto un hangar o un processo in serie, dove una fila infinita di stampanti crea filetti di salmone in continuità senza mai arrestarsi. I tempi di realizzazione di un solo pezzo sono ancora troppo lunghi, e a lungo andare la qualità del singolo pezzo andrebbe via via scemando rendendo il prodotto non appetibile.

Stampante Bio della FELIXprinters al lavoro @LegendaryVish
Rimane però ancora irrisolto, ammesso che il precedente nel giro di alcuni anni si possa risolvere, il problema dell’approvvigionamento delle materie prime. Abbiamo prima accennato allo sfruttamento agricolo di zona ad oggi coperte di foresta e boscaglia. Se fossimo un leader spregiudicato e indifferente di una nazione prevalentemente verde, il problema non ce lo porremmo minimante, ma la strada non è ovviamente questa. La fonte principale di proteine vegetali rimangono i cereali, i quali ne contengono un massimo di quindici grammi (farro) ogni cento di prodotto. Appare, quindi, evidente come non sia una soluzione ottimale. Ad oggi lo sfruttiamo per gli sfarinati e la panificazione, ed un domani per produrre prodotti veg in un mondo sempre più attento – si spera – alla questione climatica. L’obiettivo dichiarato è quello di trovare un’alternativa ai cereali, che abbia possibilmente un fabbisogno territoriale minimo e un contenuto proteico maggiore. Una prima forma di soluzione a questo problema potrebbe essere la micro-agricoltura (link), prospettiva attualmente ancora inesplorata.
Per non parlare poi di problemi morali e culturali legati a questi prodotti, che ancora oggi rappresentano il più grande scoglio da superare nella commercializzazione di questi prodotti; un po’ come il sushi in Europa una decina di anni fa…
La stampante 3D non è l’unica soluzione: alimenti liofilizzati, palline gel alimentari ed altre prospettive sono all’attenzione dei ricercatori. Sullo sfondo rimane la soluzione forse più facile ed immediata, soprattutto in un’ottica alquanto catastrofista di perenne riscaldamento globale e desertificazione: gli insetti. E qui di ostacoli culturali ce ne sarebbero molti di più.