Di che arte vivremo? La bellezza salverà il mondo?
Il presente e il futuro del settore dell’arte sono stati al centro della conferenza digitale organizzata il 15 giugno, all’interno della rassegna ‘Tempo di Rinascita – Scenari, idee, progettualità’, ideata dall’agenzia di comunicazione DOC-COM per riflettere a più voci sul mondo che sta cambiando.

Molti sono i temi emersi, dalle tecnologie al mercato, dal rapporto con l’artista e con l’arte stessa, in presenza, fino a nuovi spazi espositivi e alla tutela dei lavoratori del settore.
Ad aprire la conferenza è la tematica di una forte necessità di sviluppo digitale, a partire dalle tecnologie conosciute e già disponibili, ma ancora quasi mai utilizzate. Stefano Monti, partner del gruppo Monti&Taft, riporta i risultati di una ricerca condotta dal gruppo: il 31% dei musei non ha un profilo social, il 48% non ha un sito mobile-friendly e il 53% non ha un sito web esclusivo. Le percentuali salgono se ci si posta verso strumenti come il CRM informatizzato, non presente nel 64% dei musei, il sistema di e-ticketing, che risulta assente nell’80% dei casi, arrivando addirittura al 91% dei musei che non sono dotati di un sistema automatizzato a supporto dell’e-commerce.
A sostegno del digitale è anche l’intervento di Giacomo Nicolella Maschietti, giornalista, esperto di arte e mercato: «finora poco e male utilizzato (ancora a febbraio alcune tra le maggiori realtà di settore continuavano a ritenere Instagram un canale non necessario) il digitale acquisirà sempre più valore. Per la comunicazione e per la diffusione di contenuti, ma anche per le vendite, esattamente come già anticipato da altri settori, moda e lusso in testa. Ma, soprattutto, sarà un vero e proprio materiale per la creazione di contenuti: se Michelangelo, nel Cinquecento, sceglieva accuratamente il marmo della Versilia per le sue opere, oggi il digitale può trasformare qualsiasi pensiero immateriale un’opera d’arte».
Per Stefano Baia Curioni, direttore della Fondazione Palazzo Te, la svolta che ci farà uscire da questo impasse in cui la pandemia ci ha lasciati sarà proprio in una nuova modalità di entrare in contatto con le opere d’arte, un nuovo modo di immaginare la presenza». Il direttore ha portato l’esperienza della Scuola Palazzo Te durante i mesi di lockdown: «Girare per il Palazzo vuoto è stata toccante e mi ha portato a riflettere su come ci prepariamo di nuovo alla presenza.
Il video della performance della poetessa Maria Angela Gualtieri che legge Alcesti (https://vimeo.com/400268491) è una testimonianza della qualità di questa presenza, fatta di contatto, empatia, carisma, emozione. Un’ispirazione per il futuro sul piano lirico e su quello politico; Il lavoro interstiziale di musei, fondazioni e gallerie che sapranno restare vicino al pubblico, creerà terreno fertile per coinvolgere i fruitori in attesa della ripartenza del settore. Investire sulla qualità della presenza diventa quindi il tema della ripresa, una presenza che significa saper stare nel tempo, in un determinato istante, e che così diventa dono».
L’attenzione su un’arte pubblica, sociale e partecipativa, la riporta Simona Gavioli, critico d’arte, curatore indipendente, direttore artistico della fiera di arte emergente BOOMing di Bologna: «Pensavo in questi giorni a Baudelaire che, ne Il Pittore della vita moderna racconta come la modernità sia contaminazione e consapevolezza che l’arte debba abbandonare l’aureo isolamento e l’artista diventare uomo della folla, flâneur. In questo momento più che mai, abbiamo la necessità di far emergere una nuova e rigenerata idea di opera d’arte, una nuova idea di arte pubblica e di arte urbana. È necessario ripensare una rilettura dell’opera che coinvolga sempre più persone, in presenza. Come ad esempio accade nel progetto Without Frontiers, Lunetta a Colori che ogni anno coinvolge oltre 50 street artist, associazioni e istituzioni nel territorio di Mantova».
Sempre seguendo il filone della digitalizzazione e del rapporto con l’arte come un rapporto di presenza e partecipazione, Tommaso Tisot, collezionista, avvocato esperto in diritto dell’arte e Presidente di Professional Trust Company SpA, spiega «Sono convinto che bisogna riportare l’arte in galleria, in strada, a contatto con le persone. La digitalizzazione non basta. C’è bisogno di una maggiore e rinnovata umanità, anche per dialogare con i più giovani che subiscono un approccio difficoltoso e poco coinvolgente alle stanze dell’arte. Dobbiamo recuperare e imparare a investire nel rapporto umano».
E proprio parlando di rapporto umano, importante è anche il rapporto con l’artista, che rende l’acquisto dell’opera qualcosa di più che un semplice investimento. Arriva così il turno di Massimiliano Pelletti, artista che risponde «Sì, la bellezza può salvare il mondo. Credo che per riportare la bellezza e la poesia nella vita di ciascuno di noi dopo un periodo così difficile, la figura di chi fa arte sia fondamentale. Ogni tanto mi capita di pensare a quanto la nostra società si sia imbarbarita e faccia difficoltà nel riprodurre qualcosa di bello, come invece la nostra tradizione è riuscita a fare nei millenni. Riscopriamo le nostre origini e tradizioni e impariamo a tirare fuori la bellezza e le qualità che da sempre ci hanno contraddistinto. “Di che arte vivremo?”. Io trovo ispirazione in questa frase di Gustav Mahler “Tenere vivo il fuoco e non adorare le ceneri”».
Ma per tenere vivo il fuoco dell’arte, c’è bisogno di tanto lavoro e di una costante dedizione. Per questo motivo sono importanti impegno e soluzioni per la tutela dei lavoratori dell’industria culturale e creativa che vengono da realtà come Doc Creativity. Queste le parole della presidente Daniela Furlani: «Siamo fieri di essere riusciti a portare, grazie al lavoro della Fondazione Centro Studi Doc, all’attenzione del Governo le necessità di un settore che coinvolge migliaia di professionisti che da inizio marzo si sono visti bloccare ogni tipologia di attività e in cui l’intermittenza del lavoro è ontologicamente intrinseca. Per la creatività e la generazione della bellezza è importante salvaguardare gli artisti e assicurare loro una continuità: è una sorta di garanzia per l’arte futura e per la salvaguardia del patrimonio culturale del nostro Paese».
Conclude il confronto Stefano Gris, partner dello studio Gris+Dainese, specializzato nella progettazione di spazi museali. Quale sarà il futuro dei luoghi dell’arte? Prendiamo in considerazione quegli spazi finora immaginati come non-luoghi. Possano diventare aree dedicate alla fruizione artistica. Il nostro obiettivo – ha spiegato Gris – è creare uno spazio in cui il racconto che metteremo in scena spingerà il fruitore a riflettere su temi che si sviluppano a livello globale. Dove andranno quindi nei mesi a venire la cultura, l’arte e i musei? Andranno a occupare anche quegli spazi che, avendo un passaggio elevato di persone, è auspicabile possano assumere le sembianze di luoghi dedicati alla cultura.
Gli interventi completi di ogni relatore è possibile ascoltarli nel video integrale della conferenza: https://youtu.be/7QXK_v1b6HA
Mentre questo è il programma completo della rassegna “Tempo di Rinascita”: https://bit.ly/306v4on
Le conferenze già effettuate: www.doc-com.it/doc-conference/
Fonte: Ufficio stampa DOC-COM
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