Sono poche le cose in grado di intasarvi il browser come la malsana idea di voler capire che diavolo stia succedendo in una crisi diplomatica in Medio Oriente; a tutto questo aggiungete un Trump di Schrödinger – per cui il Qatar è sia terrorista che non terrorista – e la situazione tutto diventerà fuorché più semplice. Proviamo a fare ordine: il 6 giugno 2017, tre Stati della Penisola arabica membri del GCC (sigla che suona come il club dei fighetti antipatici del liceo ma starebbe per Gulf Cooperation Council, alias “la NATO araba”), hanno interrotto le relazioni con il Qatar, piccola penisola affacciata sul Golfo Persico al confine con l’Arabia Saudita.
Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Arabia Saudita hanno richiamato gli ambasciatori, dando ai diplomatici 48 ore per lasciare il Paese, seguiti a ruota dall’Egitto di al-Sisi, dal governo libico orientale del generale Haftar e dal governo orientale filo-saudita dello Yemen. Anche Mauritania, Giordania e Maldive hanno ridotto la loro rappresentanza. Nel frattempo compagnie aeree saudite ed emiratine cancellavano i voli da e verso il Paese, mentre le compagnie del Qatar dovevano complicare le loro rotte per non invadere lo spazio aereo saudita. In parallelo veniva dichiarato un blocco delle esportazioni, tanto più efficace in quanto l’unico confine terrestre della penisola qatariota è appunto quello saudita.Tutto questo dopo le affermazioni, diffuse il 25 maggio 2017 dall’agenzia di stampa QNA (Qatar News Agency), attribuite a Tamim bin Hamad bin Khalifa al-Thani, emiro del Qatar, in cui l’emiro si diceva contrario ad un inasprimento dei rapporti con l’Iran. In seguito, al-Thani ha sostenuto che tali dichiarazioni fossero fake news prodotte da un attacco hacker invitando i partner a non darvi peso. Ormai però il pretesto era fornito.
L’Iran è nazione storicamente rivale dei sauditi – wahhabiti (e quindi sunniti) – cui è contrapposta per motivazioni sia religiose (gli iraniani sono sciiti), sia politico-economiche. Nonostante il conflitto sia da anni alla base di buona parte delle tensioni mediorientali (Iran e Arabia sono impegnate sia in Siria che in Yemen e in Libia in guerre per procura), il Qatar, membro del GCC e alleato dei sauditi, ha sempre mantenuto legami economici con l’Iran, con il quale condivide la gestione del più grande giacimento di gas al mondo, nel Golfo Persico. I paesi del Golfo rimproverano poi al Qatar la sua condiscendenza nei confronti di movimenti islamisti come Hamas – del quale ospita i vertici – e Hezbollah e mal sopportano la linea editoriale di Al Jazeera, rete panaraba di proprietà dell’emiro, spesso critica con i governi sostenuti dai sauditi (leggi Egitto) e in favore di un processo democratico-islamista (leggi Fratelli Musulmani, ora fuorilegge in Egitto).
Nei giorni tra il 20 e il 21 maggio 2017, in Arabia Saudita, a Riyadh, un altro avvenimento aveva contribuito poi ad indirizzare il corso degli eventi: il primo viaggio all’estero della nuova Presidenza statunitense di Donald J. Trump. A Riyadh, cinque giorni esatti prima dell’inizio delle celebrazioni per il Ramadan, erano presenti tutti i leader del GCC – con in aggiunta il dittatore egiziano al-Sisi –, in presenza dello stesso emiro del Qatar al-Thani.
In tale occasione Trump, accompagnato dal Segretario di Stato Rex Tillerson e dal genero Jared Kushner (che, stando a quanto dice Google, sarebbe l’Anticristo) ha rassicurato gli alleati e rinsaldato l’asse arabo-americano in chiave anti-Iran, siglando in parallelo un contratto da 110 miliardi di dollari per la vendita di armi al governo saudita (sì ok, lo ha fatto anche Obama, lo ha fatto anche Hollande, va di moda). Una volta rientrato dai suoi impegni europei, venuto a sapere della decisione degli alleati riguardo al Qatar, imbracciato l’amatissimo Twitter, il Presidente non ha mancato di far notare come fosse dunque tutto merito suo e come il suo invito a rinnovare l’unione degli alleati americani “contro il terrorismo” avesse avuto in questa operazione dei sauditi una traduzione immediata, di fatto sottoscrivendo l’equazione Qatar = terrorismo.

I tweet di Trump sulla questione mediorientale
Queste sue dichiarazioni hanno messo mediamente in imbarazzo lo Stato maggiore americano, visto e considerato che il Qatar è a tutti gli effetti alleato degli Stati Uniti, a tal punto che, nella base di al-Udeid (sud-est di Doha), sono presenti più di diecimila soldati americani. Quindi, nel tentativo di rimediare, lo stesso Trump prendeva contatto telefonico con al-Thani, rassicurandolo e invitando i leader arabi alla Casa Bianca per un incontro risolutore.

Il biliardo mediorientale Trump-Putin-centrico secondo l’artista sudanese Khalid Albaih, residente a Doha
In verità, nonostante Trump abbia sostanzialmente cercato di prendersene il merito, l’evento è da considerarsi una mossa indipendente di sauditi, bahreiniti ed emiratini che, sentitisi rassicurati e in una certa misura appoggiati dal sostegno di Trump durante la sua visita a Riyadh, hanno autonomamente tentato con questa mossa di ottenere dal Qatar un ridimensionamento del suo ruolo come rappresentante di quella sorta di “terzo polo” più incline alla diplomazia tra Iran e paesi del Golfo, che è andato recentemente a costituire insieme a Kuwait e Turchia – quest’ultima, al momento, è l’unica nazione ad essersi pronunciata apertamente in favore del Qatar.
Ah, comunque non scherzavo, grazie Google: