Il 2021 tra una crisi di governo italiana (l’ennesima) e l’altra, porterà la fine della carriera politica di Angela Merkel. Il nuovo segretario della CDU è stato eletto lo scorso 16 Gennaio e sarà Armin Laschet che nell’ultimo ballottaggio ha sconfitto Friedrich Merz, esponente dell’ala conservatrice del partito. La scelta di Laschet dovrebbe garantire continuità al percorso tracciato da Angela Merkel, con i cristiano-democratici in una posizione centrista ed europeista. Questo nuovo ruolo potrebbe aprirgli le porte della candidatura alla Cancelleria nelle elezioni federali del prossimo settembre, anche se questa posizione è contesa con il leader bavarese Markus Söder e il giovane Ministro della Sanità Jens Spahn.
Tornando alla nostra cara Angela, quindici anni potrebbero non sembrare un arco di tempo molto lungo, ma se pensiamo al mondo nel 22 Novembre 2005, giorno in cui il primo governo Merkel fece giuramento, sembrano moltissimi: non c’era ancora stata la crisi finanziaria, in Italia era al governo Berlusconi, il presidente francese era Chirac e gli inglesi riconfermavano Tony Blair alla guida del governo. I colossi del digitale non avevano ancora dato forma al mondo che abitiamo oggi: Facebook era agli albori, lo smartphone sarebbe stato inventato solo due anni più tardi, YouTube era stata appena fondata, e morì Papa Giovanni Paolo II.
Sembra tutto appartenere a un passato lontanissimo, eppure quel passato, in Germania, è unito all’oggi tramite un filo, o meglio da una potente donna che per anni è stata ai vertici della classifica di Forbes nelle donne più potenti del mondo, Angela Merkel. Merkel era segretaria della CDU dal 2001, si portava ancora dietro l’immagine di delfina di Helmut Kohl e vinse le elezioni con il risultato peggiore mai ottenuto dai cristiano-democratici: “solo” il 35,2%, superando di poco i socialdemocratici del Cancelliere uscente Gerard Schröder, con cui diede vita alla prima Große Koalition (grande coalizione).Già nei primi mesi del mandato, Merkel iniziò a definire un profilo meno neutro di quanto qualcuno si aspettava. Snellimento della burocrazia, riforma del federalismo che divideva più nettamente le competenze tra governo federale e Länder, riforma sanitaria basata sulla commistione tra privato e pubblico, divisione in parti uguali delle spese sul lordo tra lavoratori e datori di lavoro, fu presto chiaro che le scelte di Merkel potevano certo dividere, ma rappresentavano dei tentativi compiuti di cambiare il Paese, e già nel 2006 Merkel venne rieletta alla guida della sua forza politica con il 93% dei voti, un segnale chiarissimo all’interno dei cristiano-democratici.
Anche sul fronte europeo, nel primo mandato la Cancelliera cercò di sfruttare il peso della Germania per introdurre dei temi strategici: durante il semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’UE del 2007, Merkel disse chiaramente di avere tra le sue priorità le politiche climatiche ed energetiche, oltre che il miglioramento dei rapporti economici UE-USA e la necessità di superare l’impasse creato dalla mancata approvazione della costituzione europea (nel 2009 sarebbe stato approvato il Trattato di Lisbona). In quegli anni, si strutturarono due tratti che avrebbero identificato la Cancelliera, per primo un suo modo specifico di intendere valori democratici europei e occidentali, ed in secondo luogo, la sua immagine di donna di governo che assicurava alla Germania una crescita economica anche a costo di interpretare un ruolo più interventista di quanto ci si sarebbe aspettato.
Dopo la seconda vittoria elettorale, quella del 2009, che diede vita alla coalizione con la FDP, il governo Merkel II darà l’avvio a una serie di trasformazioni anche sul piano sociale e culturale, oltre che politico: basti pensare che nel 2010 si iniziano a delineare i tratti fondamentali della Energiewende, il progetto ancora oggi in corso con cui la Germania intende cambiare le sue politiche energetiche, abbandonando il nucleare. Nello stesso anno, la riforma della Bundeswehr pose fine al servizio militare obbligatorio, creando un esercito di professionisti volontari in linea con quanto avevano già fatto altri Paesi europei.
Negli anni successivi, la Cancelliera ha finito con l’identificare la Germania non solo a livello politico, ma soprattutto nell’immaginario collettivo dei tedeschi e degli europei, venendo spesso apprezzata e temuta anche dagli avversari e dagli altri capi di governo. In questi quindici anni, Merkel ha rappresentato una leader affidabile, autorevole ma pragmatica, incarnando la stabilità che il Paese le chiedeva in anni densi di cambiamenti ma al tempo stesso sapendosi adattare alle diverse fasi politiche. Non bisogna però pensare che quest’immagine sia granitica, e che non abbia conosciuto cambiamenti e sfumature, Merkel ha modificato le sue posizioni o la sua attitudine in diverse occasioni.
Negli anni della crisi, ad esempio, la Cancelliera è divenuta simbolo di una Germania austera, votata a interpretare il ruolo di arbitro severo sulla scena europea anche grazie alla figura del Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, ma nel 2015, durante la crisi dei rifugiati, la sua famosa frase “wir schaffen das” (“ce la facciamo”) la mostrò all’Europa come solidale e disposta a difendere i suoi principi anche contro alcuni esponenti dello stesso centrodestra tedesco, dove non tutti condividevano le sue posizioni sull’immigrazione. Anche sul fronte europeo le posizioni di Merkel hanno subito evoluzione: se nel caso del debito greco la Germania, ha avuto posizioni più rigide, nella pandemia da coronavirus, la Bundesrepublik ha avuto un ruolo importante nell’approvazione del piano di ripresa, che prevedeva la creazione di debito comune.
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Durante la sua lunga carriera politica Angela Merkel ha modificato di molto la percezione che i tedeschi avevano di lei: partita dall’ombra di Kohl, è diventata una dei leader che più saranno ricordati nella storia europea. È chiaro che una fase politica così lunga ha avuto degli effetti significativi sul sistema politico tedesco, Angela Merkel ha rinforzato il profilo centrista dei cristiano-democratici, governando quasi strutturalmente in coalizione con la SPD. Questo le ha permesso di stabilire confini netti a destra, rifiutando qualunque dialogo con l’estrema destra di Alternative für Deutschland, e di confermare il ruolo centrale della CDU, ma ha anche favorito la polarizzazione e la radicalizzazione ulteriore di altre forze.
L’elezione di Walter-Borjans ed Esken alla guida dei socialdemocratici, critici verso la Große Koalition, dimostra quanto questi anni abbiano pesato sull’identità politica del partito. Queste dinamiche potrebbero aver favorito la crescita dei Verdi, arrivati ad essere possibile alleato di governo per chiunque voglia formare una maggioranza. Due anni fa, una serie di brutti risultati alle elezioni di alcuni Länder hanno fatto apparire Merkel come una guida ormai vecchia e prossima alla fine. Ne è seguito l’annuncio di non ricandidarsi alla guida del partito, Merkel si avvia dunque a terminare la sua esperienza politica con le elezioni del 2021.
Come suo ultimo atto, la Cancelliera che è stata ininterrottamente al governo mentre il mondo cambiava porterà la Germania oltre una pandemia che ha ridisegnato le nostre vite quotidiane, scombussolando anche i piani del semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’UE.