Soul: una scintilla filosofica

Soul è l’ultimo lungometraggio di casa Pixar, uscito lo scorso Natale in streaming su Disney+. È piaciuto molto a critica e pubblico e ha anche aperto numerosi dibattiti. Ad esempio, ci si è chiesti se possa essere considerato un film per bambini, oppure un film destinato ad un pubblico adulto, in grado di coglierne tutte le sfumature psicologiche e intellettuali.

*** L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER ***

Soul racconta di Joe Gardner, professore di musica che vive a New York e insegue il suo sogno: diventare un famoso musicista jazz. Ottiene un posto fisso nella scuola dove insegna, ma non sembra felice. Joe non è il tipo d’uomo che cerca il contratto indeterminato e la sicurezza che ne deriva, al contrario sogna le luci della ribalta, desidera stare su un palco con il suo pianoforte, perdendosi nella musica. Finora i suoi tentativi di sfondare non hanno avuto successo, ma le cose stanno per cambiare: una famosa musicista jazz lo ingaggia per una serata. Joe è così euforico che, camminando per le strade di New York, non bada a dove mette i piedi e cade in un tombino.
La caduta è fatale e in un attimo lo vediamo ridotto ad uno spiritello fluttuante, su una specie di scala mobile che dovrebbe condurlo all’aldilà, l’Altro Mondo. Gli spettatori restano attoniti tanto quanto Joe, che non accetta questa ironica ed amara sorte e corre nella direzione opposta, finché finisce in un’altra dimensione, l’Ante Mondo, una sorta di Iperuranio platonico dove si trovano tutte le anime che devono ancora nascere e che ricevono una formazione prima di approdare sulla Terra.

Soul

Joe Gardner, il professore di musica protagonista di Soul (Credits: Disney+)

Joe viene scambiato per uno dei mentori che seguono le anime non ancora nate, e gli viene dato il compito di seguire 22, un’anima particolarmente impegnativa. 22 è stata indottrinata da grandi personalità — Madre Teresa di Calcutta, Gandhi, Jung ecc. — ma tutti hanno sempre gettato la spugna. 22 non vuole nascere: la dimensione in cui vive è per lei una comfort zone che non intende lasciare. E, altro problema fondamentale, 22 non ha ancora trovato la sua scintilla. Le anime hanno un mentore e seguono un percorso proprio per trovare, alla fine, la loro vocazione, ciò che li appassiona. Ma 22 sembra essere refrattaria a tutto.
Joe decide di seguirla perché vuole disperatamente tornare sulla Terra e stringe quindi un patto con 22: lui la aiuterà nel percorso di mentoring, che le farà ottenere un pass per la Terra. A quel punto, 22 donerà a lui quel pass e resterà, come desidera, nell’Ante Mondo.
Ma, per sbaglio, anzi tempo 22 discende nel corpo di Joe, che si trova in coma in un letto d’ospedale, e l’anima di Joe entra invece nel corpo di un gatto, che si trovava accanto a lui per una pet-therapy. Questo dà vita a una serie di equivoci divertenti, godibilissimi anche per i più piccoli.

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22 insieme a Joe in versione anima in Soul (Credits: Disney+)

Ma, in effetti, il cuore del film è una riflessione originale, filosofica e illuminante sul talento e sulla vocazione (ne parla anche Andrea Colamedici sul blog di Tlon).
La scintilla che le anime non ancora nate devono trovare sembra identificarsi con la loro personale vocazione, con il loro scopo. Vediamo infatti, nel film, Joe che accompagna 22 in una sorta di stanza dove ci sono tante persone racchiuse in delle bolle: c’è anche Joe, tra questi, mentre suona il pianoforte. La bolla è una dimensione spirituale: vi entriamo quando facciamo ciò per cui siamo portati. In quel momento ci estraniamo dal resto del mondo, perfino da noi stessi. Joe ama suonare ed è nato per farlo, quindi quando lo fa entra in estasi, nulla esiste più, c’è solo la musica che lo assorbe completamente.
Ma 22 questa vocazione non riesce a trovarla, o almeno non finché non approda sulla Terra, nei panni di Joe. A quel punto 22 vive una sorta di epifania. Proprio quando il piano suo e di Joe sta per realizzarsi (lei tornerà nell’Ante Mondo, lui riprenderà possesso del suo corpo), 22 sente qualcosa. Seduta (sempre nei panni di Joe) su degli scalini, guarda in alto e un germoglio le cade delicatamente sulla mano. Osserva ciò che ha intorno e percepisce bellezza ed armonia, le sue emozioni si intensificano sempre più, anche se non sa bene come decifrarle. Ciò che 22 sente è la vita e a quell’armonioso sentire si aggiungono i ricordi di ciò che ha fatto nel poco tempo trascorso sulla Terra nei panni di Joe. Assaggiare una pizza, gustandone sapore e profumo, camminare e correre, parlare con le persone, toccare le stoffe che la mamma di Joe confeziona.
E se la mia scintilla fosse camminare?” dice a Joe.
No” risponde lui “la tua scintilla non può essere camminare!

A tratti, Soul sembra non essere molto chiaro sull’effettivo significato della scintilla (in merito, ne ha scritto il Time): vocazione ossia scopo, oppure semplicemente “vita”, intesa come il sentirsi vivi, attaccati a ciò che ci circonda e che ci esalta, a ciò che ci piace fare e ci fa sentire completi e soprattutto felici?
Forse tale ambiguità è voluta, o forse no, ma resta il fatto che porta con sé svariate riflessioni.
È sano e saggio, identificarsi con la propria vocazione? E come la mettiamo con coloro che la vocazione non l’hanno ancora trovata o non la troveranno, o non sentono il bisogno di cercarla?
In fondo, Joe non è solo un musicista. È anche un bravo insegnante, capace di far appassionare i suoi alunni (non tutti certo, ma almeno una allieva, per la quale Joe fa la differenza) alla musica, capace di tirare fuori da loro qualcosa. Pare che Soul voglia dirci che nella vita di Joe c’è anche altro e che Joe stesso si sbagliava: la nostra scintilla può essere camminare, o mangiare una pizza, o stare ad osservare le nuvole che si muovono nel cielo. La scintilla è tutto ciò che ci rende sereni, appagati, radicati davvero a noi stessi — non è il nostro scopo (questo alla fine, il film lo chiarisce).

Certamente anche finire in quella bolla, in quella dimensione estatica, rappresenta qualcosa di fondamentale per l’essere umano: lo eleva, lo trascina su, verso quel già citato mondo trascendente. Del resto, Platone affermava che l’essere umano, imperfetto e fatto di materia nonché appartenente al mondo sensibile, dove tutto è soggetto a degenerazione ed è una pallida copia delle perfette ed eterne idee presenti nell’Iperuranio, tenderà sempre verso quell’«alto», per lui irraggiungibile, che resta un ideale a cui aspirare. Ma nel frattempo — e qua chiamiamo in causa Nietzsche e una sua celebre massima — dobbiamo vivere qui dove siamo, “restando fedeli alla terra“. Amando le tante piccole cose che ogni giorno ci tengono in vita e ci danno gioia, che a volte, come spiega anche Andrea Colamedici, possono rappresentare un sollievo, una pausa dovuta e doverosa dalla nostra vocazione, che spesso inseguiamo con troppa foga, diventando un tutt’uno con essa e dimenticandoci che siamo anche altro — per fortuna!

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Sull’Autore

Classe 1987. Sono nata e vivo a Gorizia, ho conseguito la laurea magistrale in Filosofia presso l’Università degli Studi di Trieste nel 2015. Collaboro con le riviste “Charta sporca” (per la quale scrivo recensioni di film e articoli su tematiche filosofiche), “Friuli Sera” (dove analizzo opere di Street Poetry e Street Art nella rubrica “Poesia di strada”) e con “La Chiave di Sophia”. In passato ho scritto per due quotidiani locali, “Il Piccolo” e “Il Messaggero Veneto” di Gorizia. A maggio 2017 la casa editrice Historica ha pubblicato il mio racconto “Imago” nell’antologia “Racconti friulani-giuliani” e di recente è stato pubblicato un mio saggio su “Esercizi filosofici”. Le mie passioni sono la scrittura, la filosofia, il cinema, i libri e l’insegnamento.

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