We have a deal! UE-UK cosa riguardano gli accordi?

“Abbiamo finalmente trovato un accordo, è buono, equilibrato e la cosa più responsabile da fare per entrambe le parti”. Così la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante una conferenza stampa congiunta con il capo negoziatore Ue Michel Barnier dopo l’intesa raggiunta con il Regno Unito sulla Brexit. “Ora è tempo di voltare pagina e guardare al futuro, il Regno Unito è un Paese terzo ma resta un partner, condividiamo gli stessi valori e interessi, staremo spalla a spalla per ottenere obiettivi comuni” ha aggiunto.

Boris Johnson replica “Sono molto lieto di dirvi questo pomeriggio abbiamo completato il più grande accordo commerciale mai raggiunto finora. Per un valore di 660 miliardi di sterline all’anno. Un accordo globale di libero scambio in stile canadese tra il Regno Unito e l’Ue”.

Brexit Michel Barnier durante la conferenza stampa ha affermato “Questo processo ha riguardato molti cittadini, imprese e giornalisti, che io ringrazio. Oggi è un giorno di sollievo, ma anche di tristezza. Il Regno Unito ha scelto di lasciare l’Unione europea e il mercato unico, nonostante l’accordo, dal primo gennaio ci saranno importanti cambiamenti”, ha sottolineato Barnier. “L’annuncio di un accordo tra i negoziatori sulla relazione futura tra Ue e Regno Unito è un grande passo avanti. Ora il Consiglio e il Parlamento lo analizzeranno, prima di dare il via libera. L’unità dell’Ue a 27 è stata e rimarrà fondamentale”.

A questo punto inizia un iter politico-giuridico piuttosto complesso, prima di tutto, Bruxelles dovrà presentare ai Ventisette una proposta di intesa. Il Consiglio dovrà decidere se considerare il nuovo trattato misto o europeo (nel primo caso oltre all’approvazione del Parlamento europeo sarebbe necessaria anche la ratifica nazionale).

I governi dovranno poi optare per una entrata in vigore provvisoria, fin dal 1° gennaio 2021, visti i tempi molto stretti per ottenere un benestare del Parlamento europeo da qui alla fine dell’anno. Se così avvenisse, i Ventisette dovranno decidere quando e come firmare il nuovo trattato. Successivamente, il testo andrebbe poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. In questo caso, il voto parlamentare avrebbe luogo nelle prime settimane dell’anno prossimo.

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L’accordo consiste in tre pilastri principali. Anzitutto c’è un accordo di libero scambio, che riguarda gli scambi di merci e servizi, ma anche altre aree di interesse dell’Ue, come investimenti, concorrenza, aiuti di Stato, trasparenza fiscale, trasporti, energia, pesca, protezione dei dati e coordinamento sulla previdenza. E c’è anche il capitolo Erasmus, che Londra ha deciso di abbandonare perché “era estremamente costoso“. “Ora – ha aggiunto Johnson – potremo mettere a punto un programma che consentirà agli studenti britannici di andare a studiare in tutto il mondo e non solo nelle università europee”.

Riassumendo le basi dell’accordo: niente dazi sulle merci, mantenuta la cooperazione fra i Paesi su criminalità e sicurezza, ma niente servizi, la quota più rilevante che la GB vende all’UE. L’accordo si era bloccato sulle tematiche riguardanti la questione della concorrenza equa e la pesca nelle acque britanniche: su entrambi i temi però si è arrivati ad un compromesso che consente a Lonrda di divergere dalle regole europee e da Bruxelles di evitare situazioni di competizione sleale. Vediamo di seguito le macroaree dell’accordo.

I primi cambiamenti riguardano lo studio, il governo britannico ha deciso di uscire dal programma Erasmus, a partire dal 1° gennaio 2020 infatti, gli studenti provenienti dall’Europa avranno bisogno del visto per poter studiare in Gran Bretagna. Inoltre, verranno raddoppiate le rette universitarie fino a 30.000 euro l’anno, cifre in linea con i costi degli studenti extra-europei. Per i giovani già presenti in Gran Bretagna come studenti entro e non oltre il 31 dicembre 2020, non avverrà invece nessun cambiamento.

Novità anche per quanto riguarda il sistema di immigrazione dal vecchio Continente in Gran Bretagna, chi vuole trasferirsi in Gran Bretagna per lavoro dovrà avere un visto. Per ottenerlo, il suddetto lavoratore dovrà già avere un accordo con un salario da almeno 25.600 sterline (circa 28.000 euro), o leggermente inferiore per lavori essenziali come quelli nel settore sanitario. Sarà molto più difficile emigrare per fare quei lavori spesso ricercati dai giovani italiani come il cameriere o il commesso in un negozio. I turisti non avranno necessità di ottenere il visto per una vacanza, ma il loro soggiorno non dovrà durare più di 3 mesi e si dovranno munire di passaporto.

A Londra molte aziende hanno giocato d’anticipo spostando attività e personale in Europa, i fondi d’investimento britannici hanno invece ricevuto un colpo durissimo: oltre 2 miliardi di dollari sono stati ritirati dai loro portafogli d’investimento. Per quanto riguarda gli scambi fra Italia e Gran Bretagna, nel 2019 il nostro Paese aveva esportato beni per circa 20 miliardi, importandone per un valore di circa 10 miliardi. Nel 2020, tenendo conto dell’impatto della pandemia di Coronavirus, questi numeri sono scesi di circa il 20%, ma l’interscambio dovrebbe chiudersi sui 25 miliardi complessivi fra importazioni ed esportazioni. Con il nuovo accordo molte aziende dovranno adattarsi al nuovo regime doganale e all’aumento dei costi.

L’accordo salva 3,4 miliardi di euro di esportazioni agroalimentare in Gran Bretagna che è l’unico settore del Made in Italy che è cresciuto nel 2020 Oltremanica nonostante la fase recessiva provocata dalla pandemia. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in riferimento alla positiva conclusione dei negoziati per la Brexit. La Gran Bretagna, sottolinea la Coldiretti, si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti. “E’ stato evitato l’arrivo di dazi e ostacoli amministrativi e doganali alle esportazioni Made in Italy” ha sottolineato il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che nell’agroalimentare hanno registrato un aumento dell’1% in controtendenza rispetto al crollo generale nei primi o mesi del 2020″.

A preoccupare, continua Coldiretti, erano anche i rischi sulla mancata tutela giuridica dei prodotti a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che incidono per circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare Made in Italy e che, senza protezione europea, rischiavano di subire la concorrenza sleale dei prodotti d’imitazione inglesi e da Paesi extracomunitari.
Dopo il vino, che complessivamente ha fatturato nel 2019 sul mercato inglese quasi 771 milioni di euro, spinto dal Prosecco Dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono, conclude la Coldiretti, i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Come anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano per un valore attorno ai 85 milioni di euro.

“Un’ottima notizia per le nostre esportazioni e per la stabilità dei mercati agricoli”. Così il presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri, commenta l’annuncio dell’accordo commerciale tra Regno Unito e l’Unione Europea. “Tutto il sistema cooperativo tira un sospiro di sollievo: il mercato britannico è un importantissimo mercato di sbocco per i nostri vini, per l’olio, i formaggi e l’ortofrutta.”

“In un contesto di grande incertezza causata dalla crisi economica provocata dalla pandemia Covid-19 – sottolinea Mercuri – è senz’altro positivo che dopo un lunghissimo negoziato, Europa e Regno Unito siano giunti all’accordo. Il no deal – conclude – avrebbe come è noto fatto scattare le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, con il conseguente ripristino dei dazi sugli scambi e dei controlli alle frontiere”. Le esportazioni agroalimentari con il Regno Unito ammontano a circa 3,4 miliardi di euro l’anno, pari al 6% del valore dell’export agroalimentare UE con il Regno Unito. In particolare, l’Italia è al primo posto tra i paesi europei per le vendite di vino in Regno Unito.

Intanto il Regno Unito paga quasi 37$ per dose del vaccino Moderna, mentre l’UE ne paga 18$ per dose, mi viene da dire “ecco il prezzo della Brexit”.

Ben Hall, giornalista che si occupa di affari europei per il Financial Times, ha scritto che è vero che l’Unione Europea ha fatto importanti concessioni, ma è anche vero che è riuscita a raggiungere i suoi principali obiettivi: «ha mantenuto la sua unità interna a un livello notevole, anche rispetto ai governi euroscettici favorevoli alla causa di Brexit. Ha difeso un piccolo stato membro, l’Irlanda, quello che ha di più da perdere dall’uscita del Regno Unito. L’integrità del mercato unico è stata preservata», e il governo britannico vi potrà accedere solo rispettando parecchie condizioni. Più in generale, inoltre, l’Unione Europea ha ottenuto un’altra importante vittoria a livello politico: nessun paese parla più apertamente di fare come il Regno Unito. Il temuto effetto domino che alcuni avevano ipotizzato dopo il referendum su Brexit non si è materializzato, e anzi: il consenso per le istituzioni europee è aumentato di una decina di punti fra il 2016 e l’estate del 2020, quando è stato diffuso l’ultimo Eurobarometro, l’annuale sondaggio realizzato in tutti i paesi dell’Unione.

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