
Stelio Mattioni
“Questo qui è uno scrittore misterioso sul serio” – Italo Calvino
Sì, Stelio Mattioni è uno scrittore misterioso davvero. Non misterioso nella scrittura, così limpida e precisa, ma piuttosto nei concetti espressi. Quando si legge “Il re ne comanda una” alcuni temi sono evidenti all’inizio per poi modificarsi, obnubilarsi nell’ambiente grottesco in cui vengono inseriti.
Nel recensire un libro, un romanzo, si cerca sempre un filo conduttore di tutte le vicende che legano i personaggi l’uno all’altro. Qui non se ne individua nessuno o forse sono così tanti, talmente intrecciati, intorcolati da non distinguerne alcuno.L’assurdamente logico è il padrone assoluto del tempo e dello spazio in cui si muovono il protagonista e i personaggi secondari. Nemmeno la contestualizzazione storica sembra aiutarci molto, visto che il tempo è un concetto mai misurato nell’ambientazione.
“Chissà, anzi, se i quattro giorni non erano stati addirittura anni, che lei si era scordata di contare”
(Stelio Mattioni, “Il re ne comanda una“)
Il romanzo nasce dalla necessità di Tina, madre di Pupetta e Millina – la prima tredicenne, la seconda più piccola – di scappare dal marito ubriacone e sommerso di debiti. Un’opportunità le si presenta come unica possibilità: andare a vivere nella casa del creditore. La sua scelta è irremovibile e tanto forte da coinvolgere entrambe le figlie.
Si trova però in un’ambiente grottesco, dove qualsiasi oggetto pare esserle avverso. La casa è abitata da diverse figure, anch’esse immediatamente ostili alla sua: Rosa, moglie del padrone di casa; Divina ed Attilio, suoi figli; Pittsburg, garzone e tuttofare; Miranda, la direttrice del “laboratorio”; Zio Massimo, figura eterea e non ben delineata; ed infine Orlando, padrone di casa e capo delle attività produttive. Nessuno scappa dalla logica servo-padrone
Ognuno dei personaggi di questo romanzo è un anello di una lunghissima catena di interazioni servo-padrone; una visione molto vicina alla concezione hegeliana dei rapporti umani. Due coscienze si scontrano, più o meno a lungo, fino a quanto una delle due soccombe e l’altra si erge a padrona. Ma l’altra stessa avrà un rapporto servile verso un’altra ancora, e così via. Nessuno scappa a tale logica. Qui Mattioni, a differenza di Hegel, accosta anche dei bisogni interiori ben precisi, che delineano poi i comportamenti “assurdamente logici” di ciascun personaggio.
Tina ha come padrone prima Franco, suo marito; una volta entrata nella casa, invece, il suo capo sarà “Lui”, Orlando, datore di lavoro ed infine suo amante. Inoltre, la donna è sottomessa anche alle sue due figlie, che per loro capriccio inducono la madre ad attuare dei comportamenti da “buona madre”, che la porteranno a sottomettersi a volontà anche sessuali di “Lui“. Proprio per questo, Tina comanderà il destino delle altre donne della casa, sempre più infastidite dal suo ruolo di “prima donna”, sottratto a loro.
Rosa, assoggettata a Lui, è schiava del suo ruolo di moglie che difende a tutti i costi, perché rappresenta il suo unicum inviolabile nella casa. Comanda il destino della sua mente, la sua stessa coscienza. Anche Miranda segue il suo stesso iter: prima donna di rilevanza, successivamente – con l’arrivo di Tina –relegata ad essere “una delle tante”. Mantiene solo il suo ruolo di direttrice del laboratorio, che poco conta nelle dinamiche interpersonali. Destino comune di Divina, desiderosa soltanto di trovare un marito, ma rassegnata alla sua posizione subalterna.
I due personaggi che sembrano non essere sottoposti a nessuno sono “Lui“, Orlando, ed il suo acerrimo nemico Zio Massimo. Il primo, in qualità di padrone, sembra avere il controllo ferreo ed indiscusso sulle vicende che si svolgono nella casa. Questa però è apparenza. Anche Orlando ha ben due padroni: un irrefrenabile desiderio sessuale – che verrà soddisfatto in ordine da Miranda, Tina e Pupetta – e Ciro, figura demoniaca, “con un occhio rosso, […] e l’altro prominente e senza segno d’iride, bianco e levigato come il marmo” (Ibidem). Quest’ultimo rappresenta, per ipotesi, la pura malvagità. È talmente fuori posto dalla narrazione che è difficile capire chi sia per Mattioni, se non quasi impossibile.
Zio Massimo sembra essere il più libertino, non soggetto alle regole, apparentemente. Rosso di capelli, potrebbe rappresentare i movimenti della sinistra operaia – siamo nel ’68 quando viene pubblicato il romanzo. Un personaggio che però non esisterebbe affatto senza di Lui, il capitalismo produttivo a capo di un ingranaggio, che non si può e non si deve in alcun modo fermare.
Nessuno, come in piena logica capitalistica, è senza padrone.

Copertina de “Il re ne comanda una” – @Cliquot
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Mattioni crede nella ribellione e nell’emancipazione?
In qualche modo si inserisce una punta di ribellione nel romanzo di Mattioni. Tina cercherà sempre, fino all’ultimo, di sottrarsi al giogo di Franco e di Orlando, rappresentando un primo tentativo di donna emancipata, non affatto bisognosa di uomo forte che la comandi, indipendente nell’educazione delle proprie figlie, desiderosa di non essere vincolata e libera. Proverà, fino alla fine, ad uscire da quella casa-fabbrica, ma non riuscirà mai a diventare una donna moderna.
“Senza attendere risposta, Tina oltrepassò di nuovo la soglia della casa di via Valdirivo e si trovò in androne, mentre il battente si chiudeva silenziosamente alle sue spalle. […]. Tutto era pace”. (Ibidem)
Scapperà solo la figlia Millina, per ritrovarsi tra le volontà del padre Franco.
Non è facile raccontare tutto di questo romanzo, così denso e misterioso, proprio come Mattioni. Si potrebbero cercare infiniti riferimenti ed associazioni, come con i fratelli di Tina detti “i neri” da Mattioni – chiaro riferimento al fascismo, anche nei modi di agire dei due: violenti e dissoluti –, ma sarebbe un estremo tentativo di scardinare porte che devono rimanere chiuse. Di certo ciò che inquieta di questo romanzo è la mancanza di amicizia.
Sull’autore
Stelio Mattioni (1921-1997) si fa conoscere nell’ambiente intellettuale triestino del Dopoguerra grazie al volume di poesie “La città Perduta”, ed in tutta Italia con la raccolta di racconti “Il sosia”. Approda in Adelphi nel 1968 con “Il re ne comanda una”. Un autore estremamente prolifico, tanto che tutt’oggi si pubblicano sue opere inedite.
Il prossimo 5 Dicembre la casa editrice Cliquot pubblicherà un’altra opera di Mattioni, sicuramente tra le più apprezzate, intitolata “Il richiamo di Alma” arricchita da una prefazione alquanto speciale: quella di sua figlia Chiara Mattioni.
Sulla casa editrice
Così si descrivono, ed altre parole sarebbero superflue:
“Manoscritti ritrovati in umide cantine, storie ripescate in polverose riviste, opere mai tradotte riportate alla luce. Cliquot è la casa editrice del recupero dei classici mancati, delle belle opere dimenticate.
Cliquot è la volpe del nostro logo, che esce dalla sua tana e va a esplorare il mondo. Chevalier Cliquot, figura alla quale la casa editrice si sente spiritualmente affine, è stato un mangiatore di spade di inizio Novecento che si esibiva nei circhi in quelli che venivano definiti sideshow, gli spettacoli marginali. E con Cliquot, ciò che finora è rimasto marginale andrà finalmente sotto la luce dei riflettori.”