INFERNVM: l’album chiave per «riveder le stelle»

Il 31 marzo Claver Gold e Murubutu hanno pubblicato il loro album  INFERNVUM. I due sono già noti al pubblico per i loro testi dal lessico colto, pieni di contenuti, impegnati: featuring come La rana e lo scorpione Le notti bianche ne sono l’esempio. Album come Requiem e Tenebra è la Notte ed altri racconti di buio e crepuscoli si possono annoverare in un’antologia, una letteratura musicale. I nuovi Dante e Virgilio della scena rap adesso ci trascinano nella catabasi dell’underground.

Copertina dell’album, uscito il 31/03

L’album si apre con l’ingresso nella Selva Oscura in cui vi è un remix di alcuni versi tratti dall’Inferno della Divina Commedia. I versi recitati sono quelli che descrivono i personaggi più celebri della cantica o pronunciati da quest’ultimi, i cui nomi corrispondono ai titoli dei brani successivi: da Minosse Taide, passando per UlissePier delle Vigne.

Brani come Antinferno Lucifero sono esattamente la trasposizione dei canti III e XXXIV della prima cantica, la versione rappata della Divina Commedia; nonostante tutto Gold One e Murubutu dimostrano un’approfondita conoscenza dell’opera. Le descrizioni che ci vengono date durante l’ascolto sembrano rievocare le illustrazioni di Gustave Doré. Una parafrasi articolata dal flow, su beats che restituiscono l’atmosfera infausta e medievale, orchestrando i testi che prendono vita e danzano nelle fiamme degli inferi. Invece, concentrando l’attenzione sugli altri brani si può restituire una visione ed una chiave con cui leggere l’album.

Gustave Doré – Dante, Divina commedia – Canto I – Inferno (1861)

Minosse, odi et amo

“Per me che ho amato così forte da perdere il fiato
Quale pena han riservato per l’amore di un dannato?
Per me che ho odiato così poco da non farci caso
Genocidio, Pietro Maso, masticato in abomaso” 

Se bisogna essere giudicati, Claver Gold mette le mani avanti. Queste strofe infatti vengono utilizzate come antifrasi, sottolineando più e più volte la bontà dell’autore. E’ un rimprovero verso sé stesso, ma non per essere stato cattivo in vita bensì per l’esatto contrario. L’aver amato troppo – a tal punto da essere deluso -, il non aver portato rancore verso nessuno verranno puniti con pene analoghe decise con la legge del contrappasso. Minosse in realtà non giudica gli altri, rappresenta la nostra coscienza, noi stessi. L’inferno non è quello dantesco, è il mondo reale che appare più crudo e dolente. “Fossi in te mi odierei” è l’ennesimo monito per una vita di pene già scontate, a tal punto che:

la bestia mi risputa fuori insieme ai miei dolori
Ruota la coda su se stesso e valuta i miei errori
Io che annusavo i suoi capelli, raccoglievo i fiori
Sarò costretto per l’eterno a non sentire odori

Murubutu al contrario “lottsul fondo“, ipotizzando le varie torture che subirà nell’aldilà. Passa dall’elencare le sofferenze descritte da Dante nell’opera, all’inventare lui stesso una pena da scontare:

Ed io che amavo questa lingua e il modo come suona […]
Sarò punito per millenni, a stare senza verbi
Ed io finito in questi inferni senza versi, lemmi e termini
Ai bordi degli inverni dello storytelling
Mentre campo, mentre canto, mendicando una parola nuova

Sempre dettata dalla legge del contrappasso, è questa la punizione per lui che ha dedicato la sua vita alla musica. Il significato è duplice. Quest’ultima è descritta come un peccato, alludendo a quello che la gente pensa quando si dice di essere un artista. E’ una provocazione, un invito a cambiare strada, a non seguire le sue orme. E inoltre: lui che ha messo l’anima nei suoi testi – riempendoli di contenuti, di lemmitermini storytelling – si pente di non aver fatto tutto questo per soldi bensì per amore.

Gustave Doré – Dante, Divina commedia – Canto V – Inferno (1861)

Pier, certe cose non cambiano

Il passato dovrebbe aiutare a non ripetere gli stessi sbagli e invece non sempre è così. Anzi, si crea un parallelo tra tempo remoto e presente. Purtroppo un personaggio come Pier delle Vigne risulta ancora attuale per descrivere un fenomeno diffuso: il suicidio. Il brano assume una visione introspettiva, volta a far capire a chi ascolta “cosa prova” un adolescente vittima di bullismo. Attraverso l’antonomasia, si estendono le stesse vicende e le stesse emozioni provate dal consigliere di Federico II di Svevia.

Abbiamo cercato e trovato dei paralleli attuali anche in Pier della Vigna. Paralleli che ci sono perché, suicidio a parte, Pier della Vigna, effettivamente, fu bullizzato e ostracizzato perché, in fondo, erano invidiosi di lui e del suo rapporto con il potere. Poi lui decise di uscire da tutte queste calunnie attraverso il suicidio.” (Murubutu, Blitz Quotidiano)

In chiave moderna Pier delle Vigne diventa Pier, al posto di una corte – che mette in disparte ed accusa – c’è una scuola, ci sono i social:

Non hai più voglia di sedere solo su quel banco
Quando nessuno, sì, nessuno, vuole starti accanto
Sono scomparsi quei commenti sotto la tua foto” (Pier, Claver Gold)

Il disagio giovanile si esprime attraverso il panismo, aggettivi propri della natura vengono usati per descrivere uno stato d’animo:

Nessuno gli chiedeva mai, mai “come stai?”
Cadono foglie in un autunno di malinconia” (Ibidem)

La modernità diventa una tecnica narrante, racconta di un inferno la cui morte non è la causa per entrarci ma la soluzione per uscirne. Come una foglia la vita è in balia di un vento, che spinge a cercare “quel coraggio per volare via”:

Quindi mamma, scusa tanto, non sono felice
Il mio cuore prende il largo da ogni sguardo ostile
Nella stanza, sul mio banco, all’alba giù in cortile
Oggi non ci sono più, c’è un albero di vite” (Ibidem, Murubutu)

Gustave Doré – Dante, Divina commedia – Canto XIII – Inferno (1861)

Taide, l’apparenza inganna

Così come Dante fu ingannato nel descrivere Taide, anche Murubutu ci inganna sull’essere di questa prostituta.
Se il poeta travisò il significato attribuito alla parola “Ingentes” , il rapper cerca di far sviare l’ascoltatore attraverso la sua narrazione. Taide si rivela un’altra figura allegorica da attualizzare nella nostra epoca: se “per D. essa era un personaggio insieme storico e tipico, colto nel momento terenziano-ciceroniano ma capace di vivere autonomamente una sua vita tradizionale donde riverberava su quel momento un fosco colore” (Taide in Enciclopedia Dantesca – Treccani), oggi quest’ultima non è nemmeno da condannare tra gli adulatori. Analizzando il brano si nota che la Taide moderna è quasi costretta a fare quel che fa, cercando di uscire dalla situazione in cui si trova.

Ed imparava a cadere
Come lacrime che bagnano una vita distratta
Di chi non ce l’ha fatta, di chi ha perso la faccia
Lei si sveglia presto per fuggire dal letto” (Taide, Claver Gold)

A differenza del canto XVIII, nella canzone assume dei tratti eleganti e tutt’altro che provocatori. E’ Cicerone che decontestualizzando l’Eunuchus di Terenzio con il suo commento descrive l’interpretazione dell’episodio come esempio di adulazione. Claver Gold e Murubutu invece cercano di ridare dignità a una donna che in passato è stata fraintesa. Questa paura si ripresenta oggi, a tal punto da influenzare la Taide moderna che si sforza di amare ma non sembra riuscirci.

Oggi in centro Taide ha visto un uomo
Che correva lungo ad una strada
Raggiungeva una ragazza sola e un suono
Taide guarda bene mentre lei lo chiama
Intorno a loro tutto si fa sfondo
Il cuore al trotto inonda e rende i loro baci
Lei che per baciare chiede il doppio
Che darebbe per un bacio gratis

Non è più la “la puttana che rispuose / al drudo suo quando disse “Ho io grazie / grandi apo te?”: “Anzi maravigliose!”” (Canto XVIII, Inferno, D. Alighieri), bensì una donna che:

ha ucciso il principe ed è sola nel regno
Dove al cuor si comanda, Taide non sa più amare” (Taide, Claver Gold)

Quest’album fa riveder le stelle della scena rap, nonostante il suo climax discendente dettato dai titoli dei brani. Claver Gold e Murubutu sono due angeli “troppo belli” condannati a patire quelle pene, quelle novità che per adesso hanno spostato i confini di questa cultura. Un panorama musicale che a detta di Gold One è attraversato da:

“‘Sti barattieri che ora lo fanno per moda
Mi parlano dei quartieri, mi parlano della droga
Nel lusso di quei piaceri dove la foga li affoga” (Malebranche, Claver Gold)

I contenuti passano in secondo piano rispetto al personaggio, che fa di tutto per costruirsi un’identità che non gli appartiene. Intrappolati in questo Cocito musicale ai due artisti brucia il cuorecalano lacrime dal viso; e se sono stati in grado di descrivere un’inferno che ci appartiene, non sono esenti dal viverlo. Se loro pagano un prezzo così caro, dovremmo porre una questione: ci meritiamo ancora rapper di questo calibro? Capaci di restituirci la lettura di un’opera come la Divina Commedia, in chiave moderna?

La musica è inchiodata su quei pensieri di stracci, ed il riferimento a Francesco Guccini non è scontato: “io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare“. Un po’ come Ulisse e la sua superbia. Si sa però che osare è l’unico modo per fare un folle volo della fantasia.

 

Sull’Autore

Ho 22 anni, laureato in Comunicazione, tecnologie e culture digitali e sono direttore di MdC, nonché caporedattore della sezione Intrattenimento. Attualmente vivo a Roma. Cerco la precisione in ogni dove perché per me sono i dettagli che fanno la differenza. Dal 2017 parlo con artisti di ogni tipo: da JAGO a Dutch Nazari, le interviste le trovate tutte qui. Ho un blog: salvostuto.net

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