Kashmir: la regione del subcontinente indiano fortemente contesa tra l’India e il Pakistan, storici rivali sin dalla raggiunta indipendenza dall’Impero britannico avvenuta nel lontano 1947 quando, con l’Indian Independence Act, fu stabilita la partizione dei territori tra le due nazioni di nuova costituzione.
Il principato del Kashmir, data la peculiare composizione della popolazione (a maggioranza musulmana), fu posto di fronte ad una scelta: l’annessione all’Unione Indiana (notoriamente a maggioranza induista) o al Pakistan (con una popolazione in larghissima parte islamica) ovvero l’indipendenza. Quella scelta avrebbe determinato il destino dell’area e sarebbe stata alla base dei numerosi conflitti e tensioni e spinte secessioniste che si sono susseguiti (più o meno incessantemente) sino ai nostri giorni, per riprendere maggior vigore dopo la revoca dell’autonomia dello Stato dello Jammu e Kashmir.

Infografica realizzata dall’ISPI Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.
Il golpe costituzionale a firma di Amit Shah
Lunedì 5 agosto 2019 di fronte ai membri del Rajya Sabha, la camera alta del Parlamento indiano, il Ministro degli interni Amit Shah – braccio destro del premier Narendra Modi – ha presentato il decreto presidenziale abolitivo degli articoli 370 e 35(A) della Costituzione indiana.Il 27 ottobre di oltre 70 anni fa, il maharaja indù Hari Singh optò (suo malgrado) per l’annessione all’India. Immediata fu la reazione pakistana che diede inizio alla prima guerra indo-pakistana (cui ne seguiranno altre due), conclusa nel 1949 con la spartizione del territorio: per due terzi alla futura Repubblica indiana e per un terzo (Azad Kashmir) alla futura Repubblica islamica del Pakistan.
Today, Modi govt has corrected a long overdue historic wrong.
I congratulate PM @narendramodi ji for his unwavering commitment towards ensuring unity & integrity of our motherland.
This historic decision will usher in a new dawn of peace & development in J&K and Ladakh region.
— Amit Shah (@AmitShah) August 5, 2019
Il Ministro degli Interni indiano a commento di una “decisione storica”
verso l’unità e l’integrità della madre terra indiana: “una nuova alba di pace e sviluppo”.
Le autorità indiane riconobbero allo Stato di nuova annessione uno status speciale che garantiva una propria costituzione, una propria bandiera e potere legislativo su ogni materia ad eccezione della difesa, della politica estera e delle comunicazioni (art. 370), oltre che alcuni privilegi per i residenti permanenti, quale il divieto per gli stranieri di possedere proprietà entro i confini o di ottenere un incarico statale (art. 35(A).
Con l’annuncio in sede parlamentare dell’entrata in vigore immediata di un decreto revocante di fatto l’autonomia del Kashmir, un tumulto generale si è levato da più parti per l’illegalità e incostituzionalità del provvedimento sul quale intende far luce la Corte Suprema, il più alto organo giurisdizionale indiano.
Today marks the darkest day in Indian democracy. Decision of J&K leadership to reject 2 nation theory in 1947 & align with India has backfired. Unilateral decision of GOI to scrap Article 370 is illegal & unconstitutional which will make India an occupational force in J&K.
— Mehbooba Mufti (@MehboobaMufti) August 5, 2019
Mehbooba Mufti, ex Primo Ministro dello Jammu e Kashmir,
parla di “giorno più buio nella democrazia indiana”.
Un epilogo ampiamente annunciato già dal partito nazionalista di Modi, il Bharatiya Janata Party (BJP), che della completa integrazione dello Jammu e Kashmir nell’Unione Indiana ne faceva un punto imprescindibile del proprio programma elettorale. Le ultime avvisaglie si erano manifestate venerdì 2 agosto quando, a fronte dell’annullamento di un importante pellegrinaggio indù in una grotta del Kashmir, i turisti erano stati invitati ad evacuare la zona per imprecisate “minacce terroristiche”. Ne è seguito l’invio di ben 25mila soldati, in aggiunta ai 500 mila già presenti in quella che è ormai nota come la regione più militarizzata al mondo.
La notte tra il 4 e il 5 agosto, i principali leader dell’opposizione kashmira sono stati posti agli arresti domiciliari.
Kashmir Solution has begun.????????
— Anupam Kher (@AnupamPKher) August 4, 2019
L’attore Anupam Kher, conosciuto ai più come Dr. Vijay Kapoor
nella serie televisiva New Amsterdam, allude all’inizio della “Soluzione finale”.
Cosa vogliono i kashmiri?
Hari Singh e Sheikh Abdullah, leader musulmano del partito della National Conference e futuro Primo Ministro, propendevano per l’indipendenza del principato. Tuttavia, le rivolte interne e l’invasione pakistana costrinsero Singh a chiedere il supporto militare indiano, promettendo in cambio l’annessione dello Jammu e Kashmir all’Unione Indiana a condizione che gli venisse riconosciuta un’autonomia particolare. L’allora Primo Ministro indiano Jawaharlal Nehru promise che sarebbe stato rispettato il diritto di autodeterminazione del popolo kashmiro, una promessa che attende ancora di essere mantenuta.
Un ruolo di primo piano fu giocato proprio da Sheikh Abdullah, il “Leone del Kashmir”, come testimoniato da un report della CIA desegretato nel 1999. Pur non abbandonando mai l’idea di un Kashmir indipendente, egli era difatti convinto che “l’autonomia politica del Kashmir sarebbe stata meglio salvaguardata in un’India democratica, laica e federale, piuttosto che in un Pakistan feudale, autocratico e teocratico”. Gli oltre 70 anni di ingerenze del Governo centrale e di violazione dei diritti umani (diritto alla vita, libertà di movimento, di espressione e stampa, ecc.) gli avrebbero dato torto.

A sinistra: Sheikh Abdullah e Karan Singh, figlio e successore del maharaja Hari Singh. Credits: Google/Claude Arpi.
Il fallimento di ogni tentativo di governance del Kashmir, fino ad oggi, nasce dalle divisioni interne proprie di una società multiculturale con aspirazioni politiche tra loro divergenti: da un lato, la secessionista Valle del Kashmir e, all’opposto, le regioni dello Jammu e del Ladakh invocanti la piena integrazione nell’Unione Indiana.
La dirigenza separatista (…) si trova dunque oggi di fronte allo stesso dilemma degli anni Cinquanta. Mentre parla a nome del “popolo dello Jammu e Kashmir”, essa rappresenta in realtà solo gli interessi di una parte della comunità di maggioranza.
Navnita Chadha Behera, professore presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Delhi University
Quello stesso Kashmir che ha sempre evocato il proprio diritto all’indipendenza da New Delhi, ha costantemente negato l’autonomia politica agli induisti dello Jammu e ai buddisti del Ladakh. La stessa comunità musulmana della Valle non è più un’entità omogenea dovendo fare i conti con tre anime in continuo conflitto: gli indipendentisti, i desiderosi di unirsi al Pakistan e quanti invece preferiscono la via costituzionale per dirimere le divergenze con il Governo Centrale.

Photo Credits: Twitter/Al Jazeera English.
Sull’orlo di una (ben più pericolosa) quarta guerra indo-pakistana?
Temendo una violenta reazione popolare, il Governo di New Delhi ha immediatamente vietato gli assembramenti di più di 4 persone ed interrotto le comunicazioni via internet e le linee telefoniche, imponendo il coprifuoco. Quasi 15 milioni di persone non hanno accesso a beni e servizi essenziali come cibo e assistenza sanitaria.
Il Pakistan, dal canto suo, ha bloccato ogni attività commerciale e collegamento ferroviario da e verso la vicina India e richiamato il proprio ambasciatore dopo aver espulso quello indiano. La leadership pakistana sta inoltre valutando la possibilità di disporre la totale chiusura dello spazio aereo ai voli indiani nonché il divieto di accesso alle rotte commerciali afgane per i veicoli provenienti dall’India.
La tensione tra i due Paesi continua ad aumentare. Gli scontri sulla linea di controllo si fanno più persistenti ed il timore di una quarta guerra indo-pakistana è sempre più diffuso. Una guerra questa che, se scoppiasse, sarebbe ben più disastrosa delle precedenti in quanto combattute quando i due contendenti non si erano ancora dotati di armi nucleari.
Già nel mese di gennaio, le autorità indiane avevano diffuso un comunicato sulle norme comportamentali da seguire in caso di attacco nucleare, biologico e chimico. Un’eventualità che non viene nemmeno esclusa dal Primo Ministro pakistano Imran Khan all’indomani del G7 di Biarritz che ha decretato l’incontro tra il rivale Modi e il presidente USA Donald Trump, il quale ultimo – richiesto da Khan di fare da mediatore – ha sminuito la questione.
Se questa crisi condurrà alla guerra, ricordate che entrambi i Paesi sono dotati di armi nucleari. Nessuno vincerebbe una guerra nucleare; le conseguenze non si limiterebbero a questa regione, ma al mondo intero.
Imran Khan, Premier pakistano, chiede l’intervento immediato delle Nazioni Unite per evitare una guerra nucleare.

Secondo la stima del Sipri, il Pakistan sarebbe in possesso di circa 150-160 testate nucleari contro le (tecnologicamente più avanzate) 130-140 dell’India. Il 29 agosto, Islamabad ha lanciato un missile balistico a corto raggio Hatf-3 “Ghaznavi”. Photo credits: Missile Defense Project/CSIS – Center for Strategic and International Studies.
Una sola definizione: genocidio!
Nonostante i leader mondiali siano restii a parlarne in tali termini, non c’è altro modo per definire il crimine che si sta perpetrando in Kashmir se non come genocidio. È l’allarme lanciato dalla Genocide Watch all’indomani di una manovra volta unicamente ad annientare il popolo kashmiro tramite una riprovevole operazione di pulizia etnica e di colonizzazione. L’obiettivo finale? Dare vita, secondo l’ideologia Hindutva, ad una nazione indù, in netto contrasto con l’identità secolare di uno Stato indiano laico, democratico e pluralista.
Il Primo Ministro Modi ed il partito nazionalista BJP, tuttavia, rigettano ogni accusa sostenendo che il solo obiettivo del Governo sia quello di porre fine al terrorismo e portare “nuova prosperità“. A che prezzo è presto chiarito dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR).
L’ultimo rapporto dell’OHCHR sulla situazione nel Kashmir indiano (India-Administered Kashmir, IAK) e nel Kashmir pakistano (Pakistan-Administered Kashmir, PAK) denuncia le numerose violazioni dei diritti umani costantemente perpetrate da entrambe le parti, primo fra tutti quello alla vita.
I numeri riportati dalle organizzazioni internazionali e commissioni istituite sono agghiaccianti: più di 70 mila persone uccise dal 1989 al 2016, 2.730 cadaveri carbonizzati, 40 fosse comuni, oltre 8.000 sparizioni. Nel 2018, nell’IAK 586 persone hanno perso la vita di cui 160 civili, la maggior parte per mano delle truppe indiane. Solo nei primi tre mesi del 2019, sono stati 28 i civili uccisi.
Pratiche molto comuni nell’esercito indiano risultano essere le sparizioni forzate, la tortura, le mutilazioni e gli stupri di gruppo, perpetrati nella consapevolezza della totale impunità di cui godono grazie all’Armed Forces Special Powers Act del 1990 che preclude che il personale delle forze di sicurezza possa essere perseguito in assenza di autorizzazione governativa. Ad oggi, nessuna autorizzazione è mai stata rilasciata dal Governo Centrale. Altrettanto comuni sono gli arresti arbitrari e le deportazioni a danno di politici e attivisti locali.
New Delhi ha rigettato il report ONU definendolo “fallace, tendenzioso e politicamente motivato”, invitando l’Alto Commissariato a focalizzarsi sul terrorismo transfrontaliero, vero “cuore del problema”.
Non sarebbe forse il caso di istituire una commissione d’inchiesta internazionale per fare luce sulla questione? Oppure, forse, è troppo tardi?
Kashmir is dying…
Humanity is already dead…

“Kashmir is dying. Humanity is already dead..”. Photo Credits: Twitter/Ali Sahin.
Fonti:
Racine Jean-Luc, Le Cachemire: une géopolitique himalayenne, Cairn, Hérodote 04/2002 n° 107, pp. 17-45, 2002.
Missaglia N., India-Pakistan: dove nasce la tensione, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 28 febbraio 2019.
Tavernini M., Che cosa sta succedendo in Kashmir dopo il golpe costituzionale dell’India, 14 agosto 2019.
Al Jazeera News, India revokes Kashmir’s special status: All the latest updates, 31 agosto 2019.
Central Intelligence Agency, Special Report, Sheikh Abdullah and the Kashmir issue, 22 aprile 1964.
Cordera S. & Navnita Chadha Behera, Sguardi sull’India contemporanea, IndiaIndie 04/2011, Istituto Affari Internazionali & Torino World Affairs Institute, 2011.
The Economic Times, Pakistan considering full airspace closure with India, ban on land routes for Indo-Afghan trade: Minister, 27 agosto 2019.
SIPRI, Yearbook 2019, Armaments, Disarmament and International Security (Sintesi), agosto 2019.
Missile Defense Project, “Hatf 3 “Ghaznavi”, Missile Threat, Center for Strategic and International Studies, September 16, 2016, last modified June 15, 2018.
Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights, Update of the Situation of Human Rights in Indian-Administered Kashmir and Pakistan-Administered Kashmir from May 2018 to April 2019, 8 July 2019.
Gettleman J., Schultz K., Kumar H. & Raj S., In Kashmir move, critics say, Modi is trying to make India a Hindu Nation, The New Yor Times, 6 agosto 2019.
BBC News, Pakistan vows to fight India’s ‘illegal’ Kashmir move, 7 agosto 2019.
Dr. Moonis Ahmar, Kashmir and the reality of ethnic cleansing, The Express Tribune, 30 agosto 2019.
Binish Ahmed, Call the crime in Kashmir by its name: outgoing genocide, Genocide Watch, 09 agosto 2019.
Dr. Gregory H. Stanton, Genocide alert for Kashmir, India, Genocide Watch, 15 agosto 2019.