Il 2018 è l’anno della Women’s march di Washington, è l’anno della lunga marcia dei migranti delle Hounduras verso i confini statunitensi, è l’anno in cui in Irlanda viene legalizzato l’aborto.
Abbiamo tanto parlato di migranti e di donne, per questo quelli che stiamo per passare in rassegna sono probabilmente i cinque libri più rappresentativi del 2018.

Frankenstein, Mary Shelley (Lindau)
Il 2018 è l’anno in cui il Frankenstein di Mary Shelley compie duecento anni: scritto nel 1818 e pubblicato dapprima in forma anonima, viene poi ripubblicato, rivisto e corretto dall’autrice, nel 1831.
Proprio in occasione dei duecento anni di vita di questo splendido libro, Lindau pubblica un’edizione che mette a confronto i due testi, quello del 1818 e quello del 1831, riportando le modifiche e le integrazioni volute dall’autrice.
Frankenstein porta molto bene questi duecento anni: riesce ancora a farci parlare di diversità, di unicità, di responsabilità e di solitudine.
Istruzioni per diventare fascisti, Michela Murgia (Einaudi)
Tanto bello e profondo quanto bistrattato e frainteso, Istruzioni per diventare fascisti di Michela Murgia conclude il 2018 dell’editoria italiana in piena bufera: l’intento della Murgia era davvero quello, come molti sostengono, di stabilire che tutto quello che ci circonda è fascista?
L’intento della Murgia, con buona probabilità, non è di dare a tutti dei fascisti (e se siamo tanto sicuri di non esserlo, c’è da chiedersi come mai ci infervoriamo tanto), quanto quello di descrivere quanto subdolo possa essere il pensiero antidemocratico e quanto sia facile che venga condiviso anche da gente insospettabile.
Corpo felice, Dacia Maraini (Rizzoli)
Il corpo delle donne è motivo di discussione da che esiste il mondo: il suo aspetto, il suo uso, la sua etica è da sempre dibattuta (e quasi sempre da parte degli uomini).
Nel 2018 Rizzoli ha dato alle stampe una straordinaria opera di Dacia Maraini dal titolo Corpo felice, in cui l’autrice, partendo da un evento reale e biografico, parla delle donne, degli uomini, della società patriarcale e di questo corpo di donna su cui tutti, al mondo, si sentono in dovere di esprimere un’opinione.
Dal suo racconto emerge una riflessione profonda e severa sul ruolo che gioca la donna nel giudizio maschilista: siamo forse noi le prime attrici della discriminazione di genere?
La vergogna, Annie Ernaux (L’Orma)
Il 2018 vede anche la pubblicazione della più recente opera di Annie Ernaux, La vergogna.
Le opere di Ernaux, sempre complesse, spietatamente realiste, focalizzate sull’indagine personale e sociale affondano le radici nella vicenda biografica dell’autrice: nelle passate opere ci ha parlato della madre, del padre, della sorella mai conosciuta, della sua giovinezza, ne La vergogna ci parla dell’infanzia e del momento in cui un sentimento di rifiuto per la propria origine sociale emerge.
Migrazioni, Carmen Yáñez (Guanda)
Concludo questa breve incursione nel 2018 dei libri con un piccolo libro che porta in sé una potenza e una disperazione travolgenti: Migrazioni di Carmen Yáñez, è una raccolta di poesie in cui la migrazione viene raccontata in tutta la sua violenza e urgenza.
Non sono componimenti gentili, ci mostrano tutto quello che non vorremmo vedere, tutto quello potrebbe rendere umane (e quindi sofferenti, fragili, disperate) quelle entità ostili e pericolose che nel nostro immaginario sono i migranti.
Cosa sperare per il nuovo anno? Forse che si continui a parlare di donne, di corpi, di genere, di minoranza, di migrazione e che questo possa renderci più illuminati, accoglienti, umani.