Partiamo da un presupposto: non esistono separazioni o divorzi indolore.
Nonostante alcuni possano essere più “rilassati” di altri, o quantomeno civili, l’allontanamento di mamma e papà costituisce sempre un fortissimo fattore di stress per tutta la famiglia. La coppia che decide la strada del divorzio si troverà a dover far fronte oltre che a problemi di tipo affettivo, emotivo e psicologico, anche a quelli di tipo economico: avvocati, tribunali, cause, alimenti. Molti di quelli che invece optano per la più morbida linea della separazione vivono una specie di limbo in cui i confini non sono abbastanza netti per potersi dare una definizione sicura.
E poi ci sono i bambini e gli adolescenti che, appena usciti dalla sacrosanta e necessaria “fase Disney” in cui tutto è un gioco o una fiaba, vengono catapultati in un dramma familiare di cui non trovano il senso. Fino a più o meno sedici anni, infatti, il nucleo familiare corrisponde ancora a un nido sicuro, un luogo certo dove poter rimettere in ordine le proprie magagne. Se all’appello nel nido manca il papà, la piccola rondine è facile che si senta spaesata.Non a caso ho parlato solo di assenza del padre. Nel 90% dei casi di divorzio, l’affidamento non è condiviso – non si dà quindi la libertà al minore di scegliere in che quantità e con chi voler passare il proprio tempo – ma si preferisce lasciare il ragazzo con la propria madre. Non credo che sia questa la sede giusta in cui discutere se tale modo di procedere sia corretto, ma comunque bisognerebbe riflettere sulla necessità di una rivalutazione generale della figura paterna nella famiglia di oggi.
Secondo molti ricercatori, tuttavia, i figli di genitori divorziati non sono effettivamente più a rischio degli altri per quanto riguarda i disturbi dello sviluppo. In linea di massima, le difficoltà relazionali con persone dell’altro sesso o i blocchi emotivi possono insorgere in età preadolescenziale anche nei ragazzi i cui genitori stanno insieme.
Ciò che aumenta questi fattori di rischio è il coinvolgimento più o meno consapevole dei propri figli all’interno dei processi di divorzio.
In genere, le motivazioni che spingono un genitori a screditare l’altro di fronte al proprio figlio sono legate o alla custodia – nel caso del padre che si sente privato del suo naturale diritto di crescere il bambino – o più semplicemente a una questione di “preferenza emotiva” – le madri sono quelle che tendono a voler avere un rapporto esclusivo con il figlio.
È stato provato che le influenze che vanno maggiormente a segno sono quelle della controparte femminile: per un bambino è più facile screditare la figura paterna che quella materna in quanto le mamme hanno un potere manipolatorio sui figli tendenzialmente molto più ampio dovuto al forte legame biologico, psicologico e affettivo che instaurano mutuamente fin dalla nascita.
Tali manipolazioni avvengono quotidianamente e con frasi che all’adulto suonano vere. “Se domani non vuoi andare da tuo padre, possiamo dirgli che stai poco bene”; “Se la mamma non ti fa fare qualcosa, vieni da me”; “Tuo padre ha sempre sbagliato tutto nella vita”; “Tua madre non ti vuole bene e pensa solo a lavorare”.
Un quarto di verità c’è sempre: i genitori sono prima di tutto persone e come tali fanno i propri sbagli. Quindi è probabile che il padre di quel bambino abbia fatto molti errori e che la madre lavori troppo, ma è assai improbabile che lui abbia sbagliato tutto e che lei non gli voglia bene.
Questi sono ragionamenti “adulti”, che un figlio di genitori separati (etichetta che per altro ci si porta avanti per tutta la vita come se fosse uno status sociale, soprattutto in età adolescenziale) fa soltanto da adulto, appunto.
Ma l’alienazione di un genitore per mano dell’altro, soprattutto nei primi mesi dopo l’evento, è dietro l’angolo e sempre più frequente.
Le forme di tale fenomeno non sono ancora molto chiare e sono talmente tante che è difficile stabilire una categoria chiara: il dibattito sugli esiti è ancora molto acceso, ma si comincia a parlare sempre più spesso di PAS, Sindrome di Alienazione Parentale.
È necessario, per “diagnosticarla” che ci sia la concomitanza di due fattori essenziali: l’indottrinamento del figlio da parte di un genitore a discapito dell’ex coniuge e l’adesione acritica del figlio, quindi l’inconsapevolezza dell’assorbimento di tale insegnamenti scorretti. Così il bambino, per una specie di sovrapposizione alla figura assente, si sente in dovere di difendere e prendere le parti del genitore per lui più presente.
È chiaro che il discorso valga più semplicemente per un bambino molto piccolo che per un adolescente: pur non essendo immune alla manipolazione, il suo pensiero è già in parte indipendente dagli adulti e quindi manca spesso l’adesione acritica necessaria per la PAS.
Il divorzio è stata una delle maggiori vittorie in campo di diritti: la legge in Italia stabilisce ormai dal 1970 e con non poche controversie e polemiche la sacrosanta possibilità di scioglimento dello status derivante dal matrimonio civile.
Ma sarebbe bello, anzi necessario, ricordare che i bambini hanno a loro volta molti diritti come scegliere liberamente con quale genitore stare e quanto tempo passare con entrambi. Hanno il diritto di non sentirsi giudicati da uno dei due se vogliono vedere l’altro. Hanno il diritto di non dover nemmeno percepire il rancore che uno dei due prova per l’altro. Almeno non finché non sarà in grado autonomamente di capire che l’amore può finire ed è giusto che le persone siano libere di scegliere di concluderlo anche legalmente.