Tutto secondo i piani nella Direzione PD. Chi credeva – e magari anche sperava – nella rottura definitiva tra il Partito Democratico e i renziani è rimasto, senza troppe sorprese, deluso.
Voglio premettere questo: non nutro particolari simpatie per l’ex-segretario Matteo Renzi, ma negli ultimi giorni il quantitativo di fango gettato contro l’ex-guida al Nazareno è stato a dir poco imbarazzante. Gli odi mal celati all’interno del PD, che si accumulavano sconfitta dopo sconfitta ai principali appuntamenti nazionali e non (a partire da quel famoso referendum costituzionale del 4 dicembre), sembravano esser destinati ad esplodere in direzione nazionale.
Le carte erano già tutte in tavola. Molti nel PD avevano criticato apertamente l’ex-segretario per la sua linea intransigente, molti forse speravano – in un modo o nell’altro – di andare davvero al Governo con i Pentastellati. E invece? E invece Matteo Renzi è tornato vincitore, pur essendo il più grande tra gli sconfitti; un quasi paradosso ma che ci ha insegnato – come se ce ne fosse ancora bisogno – che nel PD tutto può succedere. Coloro che speravano di tagliare la testa a Renzi ora devono stare semplicemente attenti che a rotolare a terra non siano le loro di capocchie.
Non fraintendete. Penso onestamente che Renzi costituisca la principale – ma non l’unica – causa del declino del PD, eppure proprio chi lo critica (anche a Sinistra) di essere un Berlusconi 2.0 avrebbe dovuto immaginare che, proprio come Berlusconi, Renzi sarebbe riuscito – in qualche modo – a risorgere dalle ceneri. E quella di Matteo Renzi è stata, credetemi, una vera e propria resurrezione. Il “Traghettatore”, il segretario ad interim Martina, alla fin fine ha fatto il “bravo” e zitto zitto è tornato al suo posto chiedendo di chiudere le polemiche interne, ma allo stesso tempo dando piena attuazione a quello che l’altro, Renzi per l’appunto, aveva chiarito in modo netto quando, in linea teorica, non era già più “nessuno”. Niente alleanza con il Movimento 5 Stelle. Niente alleanza con la Destra. Renzi sembrava ormai politicamente finito, la sua linea politica sconfessata nonostante la corrente renziana ancora fortissima e con importanti fedeli ancora attorno a lui; Renzi stesso si era imposto una sorta di punizione del silenzio – prontamente non rispettata – che lo aveva addirittura portato a dichiarare che in Parlamento sarebbe stato zitto. Chi credeva a quest’ultima eventualità non ha capito con chi ha a che fare.
Certo, la critica principale lanciata a Renzi ha un fondo di verità incontestabile: la questione alleanze si discute in Direzione – specie se c’è un segretario ad interim – e non nel salotto televisivo di Fazio (ormai diventato, insieme a Porta a Porta, un ramo aggiuntivo del Parlamento). Quello che ci si deve domandare, tuttavia, non è tanto la correttezza o meno del metodo, ma piuttosto quali sono le ragioni profonde. E qui una riflessione fondamentale e che tanti nel PD non vogliono ancora ammettere: Renzi fa quello che vuole perché sa bene che non vi sono reali alternative a lui. Basta ricordare che Renzi era ancora piuttosto fresco di plebiscito degli iscritti alle Primarie quando si è visto costretto a fare il passo indietro dalla Segreteria. Nessuno all’interno del partito è forte come lui ed è più probabile vedere la Sottosegretaria Boschi assumere un ruolo di guida piuttosto che vedere un Orlando o un Emiliano vincitori con la propria corrente.
Maurizio Martina, il Traghettatore/Segretario ad interim del PD, ha fatto quello che ci si aspettava: l’ovvio.
La realtà, in altre parole, è che i Renziani sono ancora fortissimi e mettevi l’anima in pace.
Ma la forza di Renzi è stata, sul tema della formazione di un nuovo Governo, ancora maggiore, e che non è stata davvero affrontata in Direzione. Renzi è stato, per una buona volta, semplicemente realista. “Chi ha perso le elezioni non va al Governo” aveva detto. Una santa verità. A Renzi non interessa ottenere il Governo? Certo che no, chi vorrebbe davvero andare all’opposizione? No, Renzi è stato realista perché lui guarda al medio-lungo termine (un termine che in realtà appare assai breve, ma dettagli). Renzi sa bene che anche se si riuscisse a fare un Governo, questo durerebbe poco. Mattarella questo lo sa bene (e forse finalmente si è messo il cuore in pace): non esiste alcun Governo possibile capace di durare per cinque anni. Gli occhi sono già puntati alla XIX legislatura. Un’ alleanza PD-5Stelle durerebbe poco e almeno la metà della base del PD non approverebbe – né perdonerebbe – l’accordo. L’eventuale alleanza allora non solo durerebbe poco, ma avrebbe effetti deleteri sul Partito.
È ironico vedere come gli oppositori a Renzi desiderosi di un accordo con i Pentastellati accusano l’ex-segretario di aver fatto sparire il partito (accusa in parte vera), ma sono incapaci di ammettere che l’accordo con Di Maio cancellerebbe il PD dalla cartina dell’Italia. Già ora i risultati non sono esattamente dei migliori; il PD tiene salda (ma non in modo così fermo come si può ritenere) solamente la rossa Toscana, tutto il resto è sparito. Il 40% alle Europee del 2014? Un ricordo talmente sbiadito che tra un po’ inizieremo a definirlo, semplicemente, come “leggenda”.
L’attuale legge elettorale, poi, peggiorerebbe solamente le cose, relegando il Partito Democratico ai seggi assegnati con il proporzionale, ma spazzandolo via dai collegi uninominali. L’eventuale alleanza PD-5Stelle favorirebbe solamente la Destra e in particolar modo Salvini che, in tutta questa faccenda, continua ad essere l’unico vero vincitore.