Un “NO” tenue potrebbe voler dire “Sì”. È questa la controversa conclusione a cui è giunto il giudice della Delhi High Court Ashutosh Kumar lunedì 25 settembre, nell’assolvere da un’accusa di stupro un famoso direttore di Bollywood, Mahmood Farooqui. “Non è raro che durante l’atto sessuale uno dei due partner abbia un po’ meno voglia e, anzi, se uno dei due sembra riluttante, ciò non è rilevante nel momento in cui ne venga presupposto il consenso. Questa debole esitazione non può mai essere ritenuta pari a una chiara negazione rispetto alle avances del partner,” ha affermato Kumar, ribadendo il luogo comune che sì, dai, in fondo in fondo lo sappiamo tutti che quando una donna ti dice “NO” vuole soltanto farsi pregare.


Benché il Ministro della Giustizia Ashwani Kumar abbia asserito, in seguito all’approvazione della riforme nel 2013, che il Governo abbia accettato il 90% delle raccomandazioni provenienti dal Report del Verma Committee, sono diverse le attiviste che denunciano una seria diluizione delle proposte espresse dal Comitato, se non una completa eliminazione di diverse questioni dall’ordine del giorno.
In primo luogo, sotto accusa è il fatto che la nuova legge includa la possibilità della pena capitale per determinate categorie di stupro particolarmente efferate – in contrasto con quanto consigliato, dopo studi approfonditi e considerazioni ponderate, da Verma e la sua équipe – ma abbia, d’altro canto, rifiutato allo stesso tempo di abbassare l’età del consenso a 16 anni, di fatto facendo rientrare nella definizione di stupro anche quell’ampia serie di casi di rapporti consenzienti tra adolescenti sopra i 16 anni che non siano, per un motivo o per l’altro, uniti dal matrimonio. Secondo i legislatori, a quanto pare, abbassare l’età del consenso avrebbe significato promuovere il sesso prematrimoniale, che non rientra però nelle tradizioni e nella cultura del Paese. Allo stesso tempo, è ritenuto da molti inammissibile che non si sia acconsentito a considerare come aggravante il fatto di commettere violenza sessuale su donne appartenenti a comunità marginalizzate e discriminate e che non si sia voluto includere come potenziali vittime di stupro anche uomini e transgender.Un’altra mancanza grave è quella di continuare a non considerare stupro i rapporti sessuali non consensuali tra coniugi, benché secondo lo United Nations Population Fund, due terzi delle donne indiane abbiano raccontato di essere state costrette ad avere rapporti dal proprio marito. Il consiglio del Verma Committee in questo frangente è stato escluso dal testo finale in quanto, durante la discussione parlamentare, diversi deputati e deputate hanno sostenuto che una criminalizzazione dello stupro matrimoniale avrebbe potuto potenzialmente distruggere l’istituzione del matrimonio nel Paese.
Non è stata, allo stesso modo, apportata alcuna modifica all’AFSPA, ovvero la legge speciale che regola le forze armate nelle cosiddette “disturbed areas”: così, i soldati rimangono legalmente immuni da qualsivoglia denuncia per violenza o molestia sessuale commessa sulle civili. Questa presa di posizione è stata giustificata dal fatto che giudicare i membri dell’esercito rappresenterebbe una minaccia alla sicurezza nazionale.
Di fronte a un equilibrio tanto delicato, in un Paese che – senza facili riferimenti a femminismo di terza ondata vario ed eventuale – può letteralmente essere definito come organizzato su base patriarcale, è facile capire perché una sentenza arretrata ed assurda come quella di Kumar abbia suscitato tanto scalpore, polarizzando ulteriormente l’opinione pubblica tra chi esulta online per la sentenza contraria al “feminazismo” imperante e chi, invece, ci vede una continuazione preoccupante di una tendenza a sottovalutare la problematica nel Paese.