Svalutazione e inflazione: il giallo euroscettico

Il dibattito su svalutazione e inflazione è molto complesso. Essendo entrambe variabili monetarie ci si aspetterebbe (forse) una correlazione causa-effetto. Nel dibattito sull’uscita dall’euro, euristi ed euroscettici dibattono sulle conseguenze sui prezzi di un’ipotetica svalutazione della neo valuta. Se gli economisti euristi non riescono ad azzeccarne una, gli economisti euroscettici cadono in errori madornali.

Nella fattispecie, mi riferisco a un articolo dell’economista euroscettico Antonio Rinaldi. Il grafico sottostante (elaborato da Alberto Bagnai) mostrerebbe i tassi di svalutazione e d’inflazione tra gli anni 70 e la crisi del 2007.

Trovo questo grafico inutile al fine dell’analisi poiché, oltre al problema dell’arco di tempo considerato (troppo lungo e con troppe variabili esogene), il termine “tasso di cambio” (nominale o reale) implica una realtà abbastanza delimitata (per quanto molto eterogenea), mentre “inflazione” trova in sé diverse altre realtà (informazione sulla scarsità dei beni, shock esogeni di domanda e offerta, interventi della Banca centrale, il costo del lavoro sul bilancio dell’impresa, la variazione di domanda, i costi marginali esteri, i cambiamenti dei processi produttivi, il mark up, ecc.). Un modello su tale relazione è stato elaborato da McCharty.

1

Ma andiamo con ordine e smontiamo alcuni punti:

“Gli ultimi indefessi che ancora sostengono di volersi immolare per Maastricht, non riescono a contrastare con argomentazioni scientifiche chi invece sta seriamente conducendo la “battaglia” nei confronti dell’insostenibilità della moneta unica. La loro tecnica risiede solamente nel terrorizzare letteralmente la popolazione (…)”

Argomentazioni scientifiche? Oggi, in effetti, il dibattito dà pochi contributi reali per lo sviluppo dell’Unione europea insieme a/malgrado l’euro e/o contro un’eventuale rottura. D’altro canto, l’euroscetticismo si basa sul ridicolizzare le analisi altrui e sulla fabula della mancanza di rischi. Inoltre, perché tutti gli euroscettici soffrono di megalomania (v. link nella citazione)?

“Dimenticano, o non vogliono capire, visto che per loro la matematica è invece solo una opinione, che nel caso estremo di una svalutazione nuova lira/dollaro pari al 20% (le materie prime le paghiamo in valuta statunitense), il costo alla pompa dei carburanti non dovrebbe aumentare più del 5% (a prelievo fiscale inalterato), incidendo sul prezzo del “barile” per il 25% del costo finale.”

Qui si travisa il discorso “deprezzamento-costo materie prime” verso la benzina. È un’arma di distrazione, poiché altre materie importate e beni intermedi influenzano i processi produttivi, i prezzi alla produzione e il mark up delle imprese. Shi e XuJabara tra gli altri hanno analizzato la questione dell’effetto di un deprezzamento della valuta sui costi marginali delle imprese sia esportatrici che importatrici e l’effetto sul posizionamento competitivo delle imprese come sul prezzo delle merci.

Il risultato è che, in presenza di shock di produttività, il grado di influenza del tasso di cambio sui prezzi (exchange rate pass-through, ERPT) degli input influenza l’economia più dell’ERPT sul prezzo dei beni  finali.

Inoltre, quando dice “la paghiamo in dollari statunitensi“, dimentica che per fare ciò, o il dollaro si deprezza nei confronti della neo valuta per non aumentare l’onere per i suoi possessori (ma questo non è direttamente controllabile dalle economie europee), oppure la Banca centrale dovrà aumentare la sua dotazione di dollari (poiché, immagino, Rinaldi si riferisca alle riserve valutarie, ma non lo spiega). Inoltre, gli italiani dovrebbero procurarsi dollari per pagare la benzina?

“Come è facilmente possibile verificare dal grafico, anche durante l’uscita rocambolesca della lira dalla banda di oscillazione dello SME, avvenuta nel 1992, che portò ad una svalutazione media del 20%, il tasso d’inflazione non superò mai il 5%.”

Rinaldi non ha capito perché il tasso di inflazione si abbassò dopo la crisi valutaria dello SME e nemmeno se lo chiede, figuriamoci. La svalutazione non causò inflazione per due motivi: politica dei redditi e intervento anti inflazionistico della Banca d’Italia.

A seguito della svalutazione, si temeva che l’aumento dei prezzi all’import avrebbe spinto le imprese ad alzare i prezzi con diminuzione dei salari reali e nuove richieste sindacali di adeguamento (i quali avrebbero compensato negativamente la svalutazione). Quindi s’implementò la politica dei redditi, cioè si sterilizzò definitivamente la scala mobile agganciando i salari alla produttività (abbassando il costo del lavoro) e permettendo che la competitività non venisse sprecata (per il momento).

(>100, tasso di cambio sopravvalutato,<100, tasso di cambio sottovalutato)

La Banca d’Italia si pose come autorità anti inflazionistica e, infatti, sia il tasso d’interesse che il tasso di mercato monetario rimasero più alti della media europea anche dopo la crisi dello SME.

tass

Gli aggregati monetari scesero in termini di variazioni.

Insomma, sul 1992 Rinaldi sbaglia. Dopo aver citato la curva di Philips su un periodo di 50 anni per dimostrare gli sbagli della costruzione della BCE come mancato prestatore di ultima istanza (poiché dire che la curva tradizionale keynesiana non valga nel lungo periodo pareva brutto), Rinaldi dimentica di spiegare come mai, in base alla sua logica, in diversi momenti di quei 50 anni, si siano verificati tassi di disoccupazione simili nonostante i tassi d’inflazione molto diversi tra loro. Una cosa è la politica economica espansiva, una cosa è citare teorie ad minchiam.

xrri

E non spiega perché la disoccupazione salì anche dopo il 1992 (diminuzione  di consumi e investimenti). Ma è sempre colpa  dei tecnocrati, ovvio.

“(…) la Commissione Europea, gestita da persone non elette dal suffragio universale (…) In questo modo la politica è stata completamente esautorata, essendosi spezzato il collegamento fra cittadini e Istituzioni, violando il primo elementare principio della democrazia.”

No, dai, pure il riferimento gentista no…

jun

Non sono tutti i punti trattati, ma i più rilevanti. Spero che l’articolo di Rinaldi sia stato scritto dopo una sbronza (è del 2/1/2014 (!), altrimenti non si spiega il livello di insipienza economica dimostrata.

Se questo è il livello di scontro sull’Unione monetaria europea, prepariamoci a soccombere, perché tra gli euristi catastrofisti e gli eusoscettici babbioni non so come ne usciremo vivi.

Ultima cosa: il mio modo di intendere il dibattito è questo: le opinioni semplicistiche o infondate vanno potate dall’albero della discussione, solo così faremo passi in avanti nello studio dell’economia e tu lettore ricordati sempre: non ti trovi di fronte a delle divinità, ma a delle persone che posso sbagliare anche per partito preso. OK?

forbice-tagliasiepi-bahco-pradines-p51-gl-57-cm-per-taglio-pota-potatura-siepi

Da Capodanno 2017 al cinema.

 

Sull’Autore

Classe 1993, vengo da Finale Ligure (SV) e sono caporedattore della sezione "Economia politica e attualità". Mi sono laureato in Scienze internazionali e diplomatiche a Genova con una tesi in economia internazionale sulla Single Euro Payments Area (SEPA). Il mio interesse per l'economia nasce dal corso di Economia politica del primo anno (odiato dal 90% degli studenti, compreso chi lo ha già passato). I miei principali interessi riguardano la diffusione della teoria economica (in particolare dell'economia monetaria e dei modelli di crescita) e lo studio di modelli macroeconomici (che, a volte, traduco e/o riassumo su questa piattaforma). Collaboro con MdC per la rubrica "Europa for dummies" e sulle questioni relative a "democrazia-populismo-popolo del web".

Articoli Collegati

Partecipa alla discussione

Partecipa alla discussione