Un nonno gentile che sa sempre dare il consiglio giusto ai propri nipotini: ecco cosa mi è sembrato Edgar Morin quando l’ho visto per la prima volta placidamente seduto alla cattedra della Pier Ugo Calzolari Lecture dell’Alma Mater di Bologna, il 21 novembre 2016. All’anagrafe Edgar Nahoum, ebreo francese nato a Parigi, Morin è filosofo e sociologo; un nonnino, dicevo, soprattutto per la sua età: Edgar Morin ha 95 anni, è uno che di storia ne ha vista tanta.
L’aver vissuto le guerre mondiali in modo molto diretto (con l’ascesa del nazismo deve scappare dalla Francia, per poi tornarvi prendendo parte alla resistenza e alla liberazione di Parigi), proseguendo la carriera militare fino al 1946, e l’essersi poi dedicato pienamente alla ricerca antropologica una volta abbandonato l’impegno politico socialista ha permesso ad Edgar di sviluppare un pensiero in grado di abbracciare l’umanità nella sua totalità; quella stessa umanità che, nel il secolo più rivoluzionario della sua storia, ha visto cambiare radicalmente in una sfrenata corsa al progresso e alla globalizzazione. Una corsa forse un po’ troppo veloce, nella quale le certezze e i riferimenti sono caduti per terra e lasciati ormai alla polvere, arrivando fino ai nostri giorni di mondializzazione con poche sicurezze e molte fragili ipotesi.

Il filosofo e sociologo Edgar Morin.
La civiltà del XXI secolo sta crollando a picco, spinta nel dirupo dell’insostenibilità e del suicidio antropologico da una sfrenata lotta al potere fine al potere stesso (economico, politico o tecnologico che sia); in ogni conflitto l’uomo escogita un ordigno sempre più letale per uccidere migliaia di suoi simili, mentre l’aria che respira è soffocata da una cappa sempre crescente di smog, le acque sono appestate da rifiuti e composti chimici, le differenze di distribuzione della ricchezza sono ormai insanabili e le ingiustizie sociali sono pane quotidiano: il tutto per conseguire la dannosa chimera del superpotere materialistico di cui oggi l’uomo sembra aver perduto le redini.
Se poi a questo già desolante panorama si aggiunge la scissione che spacca il metodo di ricerca e conoscenza umano, che vede ai due poli opposti l’umanistica e la scienza, allora Morin ha ragione ad affermare che serve una rifondazione del pensiero, un nuovo Rinascimento che ponga la coscienza umana davanti a una realtà che sembra non aver ancora afferrato: è opportuno considerarsi alla pari tra simili, e quindi tasselli di condivisione del destino dell’intera umanità, perché nel 2016 non si può più parlare di singoli popoli, nazioni, Paesi (molto banalmente, l’interesse plurale per le recenti svolte politiche ne è una prova quantomeno per l’Occidente intero), non ci si deve più limitare a guardare solamente il proprio orticello. A questa nuova autocoscienza seguirà un nuovo metodo di risoluzione delle problematiche mondiali, un approccio interdisciplinare alla conoscenza come strumento di ripristino dell’armonia corale uomo-uomo-natura, perché in fin dei conti dalla natura veniamo e ad essa ritorniamo. Solo il pensiero complesso può dare nuove possibilità ad un’umanità che sembra arrivata al capolinea, sul ciglio del burrone dell’autodistruzione; un’umanità prodigiosa, se pensiamo che siamo partiti dagli alberi come scimmie e siamo arrivati agli oggetti di straordinaria tecnologia che usiamo tutti i giorni. Un percorso antropologico che, nel bene e nel male, ha avuto come protagonista assoluto l’uomo e non la macchina o il denaro: un essere in carne, ossa e spirito, con tutti i suoi pregi (tanti) e difetti (pochi ma devastanti), ora membro di una comunità del destino.

Morin laureato honoris causa in Scienze Pedagogiche presso l’università di Macerata.
Per quanto la voce di Morin abbia risuonato per l’intera aula magna in modo acceso e vibrante nonostante la veneranda età, ora il gioco passa nelle mani dell’essere umano: a lui e lui soltanto tocca la scelta di continuare per questa scellerata strada suicida, che ad oggi si è rivelata tanto dannosa quanto oppiacea, oppure di fare un passo indietro, accettare un umanesimo rigenerante globale e riconoscere il maturo sentimento di fratellanza e civiltà, che non è debolezza bensì nuova forza per varcare con rinnovate sicurezze questa nuova epoca che così tanto ci spaventa.
Per approfondire il pensiero di Morin:
- Introduzione al pensiero complesso (1993)
- La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero (2000)
- Il metodo I-VI (2001-2008)
- Educare per l’era planetaria, il pensiero complesso come metodo di apprendimento (2005)
- 7 lezioni sul pensiero globale (2016)