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Dopo un’attenta riflessione sul “fare un articolo sui fatti di Parigi” e sul “come farlo, cosa dire e perché” mi sono deciso a tirare un po’ le somme su quello che si sa e su quello che non si sa sull’Islam, i terroristi dell’ISIS e sui movimenti tellurici che scuotono ambasciate e ministri degli esteri in questi giorni.
Mettiamoci nei panni di chi ha applaudito il coro delle voci bruciacchiate che cantavano “Islam brutto, soprattutto se estremista” secondo il canone della Fallaci (eretta a eroina dopo una vita passata a tormentarsi sia da intellettuale che da persona): cosa non quadra in questa ondata islamofobica esplosa nella penisola bagnata dal Mediterraneo?1) Islam = terrorismo.
Terribile errore quello di marchiare il Corano come testo guerrafondaio sulla scia del Principe di Machiavelli. Il Corano non è un testo “secolare”, è un testo che, come tutti i testi sacri in tempi di carenza legislativa, è stato usato come codice per risolvere le contese quotidiane. Anche da noi è stato così per la Bibbia: prima del primo “codice civile” (il codice Giustiniano) la Bibbia era deterrente per comportamenti sociali non asupicabili.
2) Tutti i Musulmani non sono uguali.
Basta andare a prendere il libro di storia del liceo per scoprire che anche l’Islam ha subito uno scisma e quindi non tutti gli Islamici sono uguali così come tutti i Cristiani non sono uguali: sunniti e sciiti sono le due “visioni” diverse dell’Islam (sia politico che religioso).
3) Una guerra religiosa.
Fin da tempi non sospetti Usa e Russia (prima URSS) si sono contesi l’influenza politica ed economica del mondo. Pensavate che la Guerra Fredda fosse finita? Niente affatto: ai tempi di Bush senior gli URSS invasero l’Afghanistan e indovinate chi ha dato una mano ai talebani? Sì, i simpatici USA! Per non parlare del disastro in Iraq (Saddam, vi dice nulla?). Questi due grandi blocchi di “influenza” hanno sempre ragionato seguendo il detto “il nemico del mio nemico è mio amico” e non solo in medioriente! Basta guardare in Nord Africa o nelle repubbliche del Centro Africa, per non parlare del Sudamerica. C’è sempre un interesse politico che non viene comunicato, perché è più facile trovare consenso se il tema portante riguarda solo ed esclusivamente ciò che ci sta più a cuore: le nostre tradizioni, la nostra identità (ma esiste ancora?), la nostra libertà (quale?). Siamo nel campo del “percepito” un Matrix comunicativo che però non ha pillole blu o rosse per salvarci.
4) Je suis…
La polemica che ha infiammato i politically correct dell’informazione più faziosa puntavano il dito sul “valore dei morti” sottolineando come i morti di Parigi avessero creato un movimento “sentimentale” più grande rispetto a quelli del Mali o dell’aereo russo abbattuto pochi giorni prima. La spiegazione è decisamente semplice e risiede in un gran bel film: Babel, film di Inarritu del 2006 dove esplode il concetto del “ciò che avviene in paesi lontani può ripercuotersi nel mio quotidiano” e che non riusciamo a percepire. In pratica il cortocircuito socio-mediatico avviene quando un fatto tragico avviene molto lontano da noi e per questo lo percepiamo lontano anche sentimentalmente, un fatto emotivo non da poco.
In pratica l’assalto mediatico e degli organi di informazione gioca tanto su quel bel concetto che è l’analfabetismo funzionale facendo tendere sempre di più la nostra attenzione verso valutazioni emotive degli eventi.
Una bella pantomima, come quella del video dei Clash in cui l’attualità somiglia sempre di più ad una barzelletta: un arabo, un israeliano ed un americano entrano in un caffè e…
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