Per tutti gli appassionati della serie House of Cards si prospetta un inverno lungo all’insegna delle aspettative. La serie americana che vede all’opera il diabolico protagonista Kevin Spacey è giunta ormai alla quarta serie, dopo aver tessuto trame e intrighi che circondano il mondo della Casa Bianca e della politica a Washington. La sceneggiatura riprende molti avvenimenti della vita reale, ergo, il cuore della prossima stagione saranno le elezioni presidenziali del 2016, ovviamente non solo per la stagione televisiva.
Infatti l’8 novembre dell’anno venturo il popolo americano si recherà alle urne per eleggere il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, una carica che Barack Obama lascerà dopo 8 anni di mandato. Sarà dura per i fan di Frank Underwood attendere tutto questo tempo le nuove dallo Studio Ovale, non è detto però che non trovino di che consolarsi con le vere elezioni e soprattutto con la vera campagna elettorale.
Questa corsa è ancora molto incerta, basti pensare al fatto che al momento Trump è il favorito tra i candidati repubblicani (e anche per la Casa Bianca) nonostante il suo programma elettorale sia stato sin’ora una compilation di misoginia e invettive contro l’economia cinese. Ribadisco quanto siano prematuri i recenti sondaggi, in quanto da calendario le primarie cominceranno il primo febbraio nell’Iowa e si concluderanno in data ancora non precisata (ma sicuramente dopo il 14 giugno). Le elezioni vere e proprie invece si terranno tra più di un anno, quindi i dati odierni vanno letti come delle suggestioni popolari e non come riferimenti certi. Infatti, nell’immagine a lato vedrete anche il 9% di un candidato indipendente, un quindicenne dell’Iowa che ha lanciato questa provocazione risultando la terza scelta tra i sondaggi momentanei. Questo per dire che i numeri al momento non dicono nulla e che gli americani non sono contenti di come stanno andando le cose tanto da votare il candidato Deez Nuts, un nomignolo che nella lingua di Dante si tradurrebbe “codesti testicoli”.
Gli unici numeri sicuri che spostano qualche interesse sulla corsa allo scranno sono quelli dei milioni finanziati dai PACs (Political action committee), i comitati di raccolta fondi per i candidati; questi organi possono essere connessi ad un candidato, ed accettare fondi solo da chi sottoscrive la causa, o non essere necessariamente connessi ad alcun candidato e accettare finanziamenti da qualsiasi ente. In soldoni, i PACs hanno trasformato la lotta politica in spietata raccolta fondi rendendo i candidati sempre più dipendenti da questo o quel gruppo finanziario. Le donazioni milionarie di questi grandi gruppi vengono definite Super PACs. La possibilità di supportare il proprio candidato anche con un solo dollaro resta aperta a tutti ma offre troppo facilmente il fianco alle speculazioni dei grandi gruppi economici statunitensi.
Ovviamente parlando di dollari scatta subito l’associazione con Donald Trump (repubblicano), visti i tre miliardi dichiarati dal costruttore americano, eppure quest’articolo del New York Times dimostra come ancora non abbia messo mano al patrimonio, a differenza di altri che invece hanno già cominciato ad investire.
Da questa grafica notiamo come Jeb Bush (Rep) sia il candidato che disporrà di maggior credito da qui alle primarie. La sua campagna potrà contare su 120 milioni di dollari di cui ben 108,5 il ricavato di donazioni, un dato che conferma come il candidato disponga più di fondi che consensi. Hillary Clinton (Democratico) invece vanta il maggior patrimonio personale investito, ovvero 47,5 milioni di dollari. I fondi raccolti dai PACs di Ted Cruz (Rep) invece sono “solo” 38,1 milioni, ma c’è una particolarità: il 95% di questi soldi proviene da donazioni superiori al milione.
Qui potrete visionare la lista di tutti i donatori milionari, per par condicio non tutti amici di Ted Cruz.
Vere e proprie collette invece sono state fatte per Bernie Sanders (Dem) e Ben Carson (Rep). Entrambi hanno ricavato più di 10 milioni di dollari ciascuno tramite donazioni inferiori ai 200 dollari. Per Sanders le speranze restano comunque poche, schiacciato dall’elefantiaca fama della Clinton, che verosimilmente vincerà le primarie. Un dato invece che conferma le giuste speranze nutrite da Ben Carson, neurologo dell’Iowa, nemesi dell’Obama Care, attrattore di consenso popolare.
Numeri, finanziamenti, dollari. La certezza che anche stavolta il denaro muoverà le fila dei voti è rimasta immutata, la speranza è che oltre alla sponsorizzazione si elevi anche il dibattito sui programmi.